Usiamo oggetti, compiamo gesti e assumiamo abitudini impensabili anche solo fino a pochi decenni fa, tanto che alla fine diamo per scontati tutti i traguardi che la scienza ci ha regalato, innovando e migliorando per sempre la nostra vita. Telefonare e potersi salutare in video, fare lavatrici senza dover faticare ai lavatoi cittadini, muoversi con la propria macchina o con i mezzi pubblici…è anche grazie alla chimica se possiamo fare tutto questo e tanto altro.
Pensiamo alla plastica, che è il termine con il quale ci riferiamo ai polimeri sintetici, molecole molto grandi composte da molecole più piccole, chiamate monomeri. A differenza di quanto si possa pensare, i polimeri non sono solo di natura sintetica, in natura infatti ne esistono migliaia, il più famoso e abbondante è la cellulosa! Lo sapete che è il materiale del quale sono fatte tutte le piante e gli alberi? Affascinante, no? Ma anche noi siamo fatti da polimeri, basti pensare al DNA e alle proteine che costituiscono il nostro corpo.
Queste molecole furono per molto tempo incomprese, anche dai chimici stessi, fino a quando, nel XIX secolo, iniziarono a essere modificati polimeri naturali e colloidi per formare nuovi materiali. Pensiamo a John Wesley Hyatt che nel 1870, applicando calore e pressione a una miscela di nitrato di cellulosa e canfora, produsse un nuovo materiale chiamato celluloide, col quale si iniziarono a produrre i pettini per capelli, la pellicola per i film muti e le palle da biliardo. Oppure al conte Hilaire de Chardonnet che, dalla filatura di fili di nitrato di cellulosa, ottenne il primo tessuto sintetico, la seta Chardonnet.
Queste e tante altre materie plastiche furono realizzate con materiali già esistenti. Il passo successivo, la creazione di plastica completamente sintetica, arrivò circa 40 anni dopo grazie a Leo Baekeland.
Leo Baekeland nacque in Belgio nel 1863 e, nonostante le umili origini, si laureò con lode alla Ghent Municipal Technical School ricevendo anche una borsa di studio in chimica. Conseguì poi un dottorato di ricerca e, dopo un breve incarico come Professore di Fisica Chimica alla Government Higher School di Bruges, venne nominato professore associato di chimica all’Università di Gand nel 1889. Fu proprio in questi anni che, insieme alla moglie Céline, approfittò di una borsa di studio per viaggiare, arrivando fino agli Stati Uniti. E qui la sua vita cambiò radicalmente.
Una volta arrivato a New York City, Baekeland incontrò il professor Charles F. Chandler della Columbia University, grazie al quale decise di insediarsi permanentemente negli Stati Uniti. Iniziò così a lavorare in un’azienda di forniture fotografiche e, di lì a poco, inventò una carta fotografica, la “Velox”, che poteva essere sviluppata alla luce artificiale e non più alla luce del sole. Fu un enorme successo commerciale, ma il genio inventivo e imprenditoriale di Baekeland non si fermò lì.
Nel 1905 Baekeland iniziò a cercare un sostituto sintetico della gommalacca e i suoi studi lo condussero alla scoperta della prima plastica termoindurente: la bachelite, ottenuta per reazione tra formaldeide e fenolo a temperatura e pressione controllate.
L’invenzione della bachelite segnò l’inizio dell’era della plastica: la si utilizzò con successo per costruire radio, telefoni e isolanti elettrici, con risultati eccellenti grazie alle sue proprietà di isolamento elettrico e resistenza al calore. Ben presto il suo utilizzo si diffuse estendendosi a moltissime produzioni industriali.
A Baekeland si devono moltissime invenzioni, come dimostrano gli oltre 100 brevetti che registrò in vita e che gli furono riconosciuti con vari premi e onorificenze. Ma il premio più grande è nella longevità delle sue scoperte, che vivono ancora oggi in moltissimi oggetti che utilizziamo quotidianamente.