Il complesso, oggi patrimonio dell’UNESCO, era una necropoli costruita per ospitare i faraoni defunti, non si trattava però di un semplice cimitero. Le tre piramidi, costruite tra il XXVI e il XXV secolo a.C. per i sovrani Cheope, Chefren e Micerino, dovevano accogliere, proteggere e guidare le anime dei faraoni nella loro vita dopo la morte.
Non erano le prime piramidi costruite in Egitto, ma erano uniche per le loro dimensioni e per la grandiosità dei progetti per realizzarle. Nei secoli sono sopravvissute allo scorrere del tempo, alle intemperie e persino agli attacchi con l’intento di distruggerle, falliti proprio per la loro straordinaria resistenza. Tra le Sette Meraviglie del mondo antico, infatti, la Grande Piramide di Cheope è la più antica e l’unica che ancora oggi possiamo ammirare.
I materiali utilizzati nella costruzione erano principalmente pietra calcarea e granito, estratti dalle cave della regione o trasportati anche da siti molto più distanti. Le camere interne erano costruite con granito rosso e l’esterno con arenaria gialla. A questa si aggiungeva uno strato più sottile di calcare bianco, levigato per essere liscio e riflettere la luce solare. Quest’ultimo è andato quasi totalmente perduto nel tempo: distrutto, saccheggiato o riutilizzato.
I blocchi utilizzati pesavano diverse tonnellate e i dubbi sui metodi di costruzione e trasporto hanno suscitato le più svariate teorie, a mano a mano smentite nel tempo dalle scoperte archeologiche. Sappiamo che per tagliare le pietre gli egizi vi conficcavano cunei di legno che, una volta bagnati, si ingrandivano e rompevano la pietra lungo la linea stabilita. Il trasporto, invece, avveniva attraverso slitte trainate da uomini, la cui mobilità era facilitata dall’uso di sostanze lubrificanti come latte o grasso. Leve, rampe e altri strumenti completavano il lavoro.
Di grande importanza sono anche le pitture trovate all’interno delle piramidi, famose per la varietà dei loro colori. Il loro utilizzo non rispondeva a canoni puramente estetici: ogni pigmento aveva un significato. Ad esempio, il giallo, associato al sole e simbolo di indistruttibilità, veniva usato per raffigurare gli dèi mentre il verde, colore della natura che muore e rinasce, veniva impiegato per rappresentare le divinità dell’aldilà.
I colori si ricavavano da materie prime naturali: il nero dalla polvere di carbone, il rosso dall’ossido di ferro, il verde dalla malachite, il giallo dal solfuro di arsenico e il bianco dal calcare o dal gesso. Tutte queste sostanze venivano frantumate fino a diventare polvere, amalgamate tramite l’impiego di un legante, come l’albume o la gomma arabica, e diluite con l’acqua.
Anche il blu era molto importante, poiché rappresentava vita e fecondità, ma era molto difficile trovare un materiale da cui ricavare questo colore. Per risolvere il problema gli egizi riuscirono a creare una particolare miscela unendo silice, rocce calcaree, minerali contenenti rame e carbonato di sodio. Le sostanze, riscaldate a temperature altissime, diedero vita al primo pigmento sintetico della Storia, chiamato “blu egiziano”. Questo particolare colore è considerato uno dei primi prodotti artificiali nella storia dell’artigianato e venne utilizzato in tutto il bacino del Mediterraneo anche dalle civiltà successive.
Dai materiali di costruzione ai colori delle pitture interne, le piramidi ci mostrano come anche quattro millenni fa la chimica sia stata preziosa per costruire opere immortali
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