Una delle principali criticità di un astronauta riguarda un bene essenziale: l’acqua. La lunga durata delle missioni, il ristretto spazio dei moduli e il limitato peso che i razzi possono portare in fase di decollo impongono sistemi per riciclare l’acqua e mantenerla pulita.
Negli anni Sessanta esistevano già i filtri per l’acqua, ma nessuno era abbastanza sofisticato da reggere le condizioni estreme in cui si trovavano gli astronauti. Fu così che la Nasa inventò un nuovo sistema, che utilizzava l’ossidazione del carbonio per eliminare gli agenti contaminanti. Quest’ultimo si è dimostrato essenziale nelle zone dove l’acqua è scarsa o inquinata e viene usato ancora oggi, sia negli impianti industriali, sia nelle abitazioni.
Sul versante opposto, i rilevatori di fumo, anch’essi esistenti da mezzo secolo ma poco affidabili in quanto non riuscivano a distinguere la natura delle particelle. Bastava perciò della semplice polvere a far scattare gli allarmi! Un’imprecisione inaccettabile in una missione spaziale! La Nasa perciò sviluppò il Brunswick Incipient Fire Detector, un rilevatore in grado di distinguere e identificare le particelle generate dalla combustione. Più preciso, affidabile e veloce, poteva rilevare la presenza di un incendio prima ancora della comparsa del fumo. Ancora oggi viene utilizzato in ambienti particolarmente rischiosi, come le miniere.
Un’altra scomoda caratteristica dei viaggi spaziali è che sono solitamente molto lunghi. Per garantire una maggiore protezione dagli urti e dalle vibrazioni, migliorando contemporaneamente sia la sicurezza sia il confort per gli astronauti, la Nasa sviluppò un materiale in grado di potenziare l’ammortizzazione dei sedili. Quest’ultimo era costituito da poliuretano, un polimero trattato con sostanze chimiche che gli conferivano notevoli proprietà viscoelastiche. Oggi il poliuretano è un materiale utilizzato in moltissimi ambiti, dai materassi alle protesi, dal mondo del design ai settori ricreativi e viene chiamato comunemente “memory foam”.
La questione dell’ammortizzazione non si limitava ai sedili. Gli astronauti necessitavano anche di calzature leggere e comode, per le complesse passeggiate lunari delle missioni Apollo. Utilizzando lo stesso sistema dei caschi spaziali, la Nasa creò scarpe dalla suola cava, poi riempita con materiali in grado di assorbire meglio gli impatti con il suolo. Da questa idea nacquero le scarpe ammortizzate, oggi molto utilizzate dagli sportivi.
Chiunque porti gli occhiali sa bene quanto i graffi possano essere fastidiosi e, dunque, quanto siano utili le lenti antigraffio. Anche qui, si tratta di un’invenzione pensata per lo Spazio. Le visiere dei caschi degli astronauti non sono così semplici da riparare o sostituire quando si è in orbita ed è fondamentale rinforzarle il più possibile. A tal fine, i ricercatori svilupparono un rivestimento formato da una pellicola di carbonio chiamata DLC (Diamond like carbon) dura, appunto, quasi come il diamante ma molto meno dispendiosa.
Sempre in tema di lenti: un altro grave pericolo per gli astronauti era l’esposizione alla luce solare nello Spazio, molto più incisiva che sulla Terra. Per proteggerli, i ricercatori idearono delle lenti con un particolare sistema di filtraggio, che consisteva nell’aggiunta di ossido di zinco, capace di assorbire la luce ultravioletta. Questa invenzione è stata la base di notevoli passi avanti nei sistemi di protezione e viene ancora utilizzata in svariati ambiti, dalle maschere per saldature industriali ai semplici occhiali da sole.
Come dimenticarsi, infine, della penna dell’astronauta? L’assenza di gravità rende impossibile la corretta fuoriuscita dell’inchiostro dalle normali penne e l’uso delle matite era pericoloso, poiché i frammenti di grafite potevano disperdersi e causare gravi danni. Per ovviare a tale problema venne sviluppata una penna alimentata da un inchiostro solido tissotropico, che si liquefaceva a causa dell’attrito con la sfera fatta di carburo di tungsteno. Questa penna fantascientifica può scrivere in qualsiasi ambiente, da qualsiasi angolazione e dopo decenni è ancora prodotta e venduta con lo stesso sistema.
Nessuna di queste invenzioni sarebbe stata possibile senza la chimica e senza l’innovazione tecnologica degli esperimenti spaziali: se oggi possiamo viaggiare tra le stelle o correre su una pista da corsa, sederci su un razzo o su un materasso, bere un bicchiere d’acqua nello Spazio o sulla Terra, è anche grazie ai chimici – e alla chimica!
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