Rendere semplice la complessità non è certo un gioco da ragazzi, ma è proprio quel che hanno fatto i vincitori del Premio Nobel per la Chimica 2022. Se ci pensiamo, scrittori e scienziati da sempre guardano ciò che li circonda con occhio attento per trovare ispirazione e idee, sia per i loro scritti che per le loro ricerche. La natura, seppur matrigna per Leopardi, è maestra nell’insegnarci come fare: è infatti la prima fucina di idee da cui l’Uomo, da sempre, trae ispirazione.
Pensate alle tecniche di incollaggio, succedutesi nella storia dell’umanità in tante forme differenti, al punto che le si ritiene frutto di un’invenzione dell’uomo. La verità è che abbiamo imparato tutto dalla natura, osservando e imitando il regno animale e vegetale per far fronte ai nostri bisogni.
Le piante, i microrganismi e anche gli animali ci regalano da sempre molecole complessissime, che i ricercatori hanno cercato nel tempo di replicare, anche per svilupparne di nuove. Nella maggior parte dei casi, queste molecole sono talmente complesse da poter essere costruite solo attraverso un’infinità di passaggi, qualcuno dei quali determina anche la formazione di sottoprodotti indesiderati, da rimuovere prima del passaggio successivo. Il percorso per arrivare a una molecola può essere così tortuoso da risultare dispendioso in termini di tempo e di costi.
Il Premio Nobel per la Chimica 2022 è importante proprio per questo: si è trovato il modo per rendere semplice e funzionale ciò che non lo era, evitando anche sottoprodotti indesiderati.
Quello assegnato a Barry Sharpless il 5 ottobre 2022 per lo sviluppo della chick chemistry è in realtà il suo secondo Premio Nobel per la Chimica, dopo quello ricevuto nel 2001 “per il lavoro sulle reazioni di ossidazione catalizzate dai chirali”.
Tutto inizia nel 2001, quando Sharpless si rende conto che per i chimici è giunto il fatidico momento di fare da sé, smettendo di imitare in tutto e per tutto la natura. Padroneggiare nuove molecole partendo da quelle di origine naturale è decisamente un ostacolo allo sviluppo di nuovi farmaci, tra reazioni collaterali indesiderate e una costosa perdita di materiale, è inutile cercare di convincere atomi di carbonio riluttanti, a reagire tra loro. È qui che inizia a lavorare con molecole più piccole, contenenti già atomi di carbonio, ma collegabili tra loro mediante ponti di atomi di azoto e atomi di ossigeno, più facili da controllare e meno propensi a perdere materiale.
Nasce così la “click chemistry”, una chimica a prova di click, dove la combinazione di semplici blocchi chimici permette di creare una varietà quasi infinita di molecole: non copie esatte di quelle disponibili in natura, ma molecole in grado di svolgere le stesse funzioni. Nella sua pubblicazione del 2001 Sharpless indica diversi criteri che dovrebbero essere soddisfatti perché una reazione possa rientrare in questa tipologia, tra cui l’avvenire in presenza di ossigeno e acqua. In quegli anni era ancora sconosciuta la reazione, scoperta in un laboratorio in Danimarca, divenuta oggi simbolo della click chemistry: la cicloaddizione azide – alchino catalizzata da rame.
Il fascino della storia di alcune scoperte è che molto spesso sono frutto di intrecci del tutto inaspettati. Proprio come nel caso di Morten Meldal, che stava sviluppando alcuni metodi per trovare nuove sostanze farmaceutiche, costruendo enormi librerie molecolari, che potevano includere fino a centinaia di migliaia di sostanze diverse. Qui la sorpresa. Mentre con alcuni colleghi stava portando avanti alcune reazioni di routine, controllò il recipiente di reazione e scoprì che l’alchino, un composto chimico, non aveva reagito come ci si aspettava con l’alogenuro acilico, ma con un gruppo chimico chiamato azide, creando una struttura a forma di anello, un triazolo.
Barry Sharpless e Morten Meldal pubblicarono le loro scoperte in modo indipendente. Sharpless definì la “click chemistry” come una reazione ideale: è affidabile, funziona anche con un solvente semplice come l’acqua e può essere utilizzata senza problemi per collegare tra loro molecole diverse.
In questo caso è un click che fa la differenza. Basta introdurre un’azide in una molecola, un alchino in un’altra e con l’aiuto di alcuni ioni di rame… click! Grazie alla sua semplicità, questa reazione è ormai così popolare da diventare protagonista sia nei laboratori di ricerca che nello sviluppo industriale. Ma quello a cui l’ormai doppio premio Nobel non aveva pensato era la versatilità di questa reazione: mai avrebbe pensato che potesse essere utilizzata anche negli esseri viventi.
È nei primi ’90 che materie come la biochimica e la biologia molecolare fanno numerosi passi avanti nella ricerca. Solo un gruppo di molecole sembra non dare informazioni interessanti: sono i glicani, carboidrati complessi costituiti da diversi tipi di zuccheri che si possono trovare sulla superficie di proteine e cellule e hanno un ruolo importante in molti processi biologici. Nessuno studio sembra idoneo per approfondire e capire come funzionano queste molecole, fino a quando Carolyn Bertozzi riesce a dimostrare come anche negli esseri viventi sia possibile utilizzare la “click chemistry” senza ricorrere all’utilizzo del rame.
Nasce così’ la chimica bioortogonale: azidi e alchini non sono naturalmente presenti nei sistemi biologici, ma possono essere inseriti artificialmente in una cellula o in un organismo. Si ha così la certezza che la formazione del triazolo dipenda da loro e non da reazioni interne. Ed è proprio legando l’azide o l’alchino a un marcatore che è possibile visualizzare il triazolo nel sistema biologico in questione.
Carolyn Bertozzi ha continuato, nel tempo, a perfezionare la sua chimica a scatto, concentrandosi in particolar modo sui glicani che si trovano sulla superficie delle cellule tumorali. I suoi studi l’hanno portata a intuire che alcuni glicani sembrano schermare i tumori dall’azione del sistema immunitario. La bella notizia è che ora, in fase di sperimentazione clinica, c’è un farmaco biologico in grado di inibire quelle sostanze e rendendo nuovamente visibili le cellule tumorali al sistema immunitario.
A volte basta un “semplice” click a cambiare le sorti dell’intera umanità!