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Che bellezza!

La fontana del Nettuno e i suoi restauri

17 novembre 2022

“Nel centro di Bologna non si perde neanche un bambino”, così cantava Lucio Dalla e ormai si sa che il ‘Zigànt’ della piazza, come è stato soprannominato dai bolognesi, tiene d’occhio tutti quelli che passano nelle sue vicinanze.

 

Stiamo parlando della fontana del Nettuno, opera rinascimentale frutto della collaborazione tra l’architetto Tommaso Laureti e lo scultore Giambologna, realizzata tra il 1563 e il 1567 per volontà di papa Pio IV e concepita all’insegna dello slancio verticale e della simmetria d’insieme.

 

Costituita da un’architettura in marmo bianco e rosso, con statue e decorazioni in bronzo, la fontana del Nettuno da sempre è stata protagonista della vita cittadina. Nel tempo gli agenti atmosferici non sono stati clementi e si sono resi necessari diversi restauri.

 

Oggi vi raccontiamo quanta chimica c’è nella storia di questa fontana.


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Tra degrado e restauro: una lunga storia travagliata

La fontana del Nettuno è costituita da un complesso bronzeo di 43 sculture e da una parte lapidea. Nel corso degli anni è stata protagonista del degrado tipico dei manufatti esposti agli agenti atmosferici e alle attività umane.

 

L’acqua, a differenza di quanto si possa pensare, è una delle cause principali di degrado. Risalendo dall’interno della costruzione, zampilla e avvolge i bronzi e i marmi decorati, entrando in contatto con tutti i materiali e con quasi tutte le superfici, in modo diretto o indiretto, determinando di conseguenza l’ossidazione dei metalli e reazioni dannose per i marmi.

 

Per l’utilizzo di pastiglie al cloro è stata rilevata, nei bronzi della fontana, la presenza di cloruri di rame, con le tipiche pustole di corrosione, e di isocianurati di rame, dalla colorazione viola. Inoltre sulla superficie delle statue bronzee sono visibili anche incrostazioni calcaree di diversa consistenza e macchie di ossidi di ferro.

Una storia di “cicatrici” e riparazioni

Tra delfini e sirene, tra putti e stemmi araldici, la storia della fontana del Nettuno è stata da sempre abbastanza travagliata. A soli 139 anni dall’inaugurazione, nel 1705 il Senato di Bologna iniziò a preoccuparsi del suo precoce stato di degrado.

 

Tra il 1700 e il 1900, la fontana venne più volte riparata e pulita, con prodotti di dubbia origine che ne segnarono gravemente la superficie. Solo dopo la Prima guerra mondiale vennero rimosse le incrostazioni presenti sulle sculture e fu eseguito un processo di patinatura con l’aiuto di una vernice a base di resina, che si pensa ne abbia rallentato il deterioramento.

 

Dopo un lungo periodo di studi e indagini strumentali, nel febbraio 1988 iniziarono nuovi interventi sui bronzi e sulle parti marmoree; fu l’occasione, per più di duecentomila persone, di apprezzare da vicino l’accuratezza e la complessità del restauro dei bronzi. Solo 25 anni dopo, tuttavia, si resero necessarie nuove opere di conservazione del gigante di Bologna.

Gli interventi di restauro

Gli interventi di restauro hanno puntato a ristabilire le originarie condizioni conservative e, al contempo, facilitare la lettura dei manufatti degradati. Si è scelto infatti di procedere seguendo i criteri del minimo intervento, della massima selettività e della reversibilità delle operazioni. Ma cosa significa nello specifico?

 

Sulle statue sono state effettuate analisi e indagini non distruttive o micro-invasive per non danneggiare l’opera, per caratterizzare le tecniche esecutive ma anche i materiali costitutivi originali e i materiali di restauro, sia a scopo documentaristico, sia per poter effettuare scelte di restauro specifiche e mirate.

 

La chimica come sempre è stata un preziosissimo alleato. È stato possibile intervenire sulle incrostazioni calcaree e sui prodotti di corrosione, come rame e ferro, con impacchi di soluzioni chelanti a concentrazioni limitate e in tempi controllati.

 

Sulle componenti lapidee della fontana sono state invece utilizzate metodologie di pulitura differenti ma appropriate alla composizione dei materiali stessi e dei prodotti di alterazione che dovevano essere rimossi. Le differenti procedure sono state definite in base ai risultati delle analisi scientifiche e delle verifiche di laboratorio, fondamentali negli interventi di restauro.

 

Nei punti dove si è rivelata la presenza di strati di natura carbonatica, con particelle atmosferiche inglobate, e vecchi protettivi inidonei e alterati, si è intervenuti mediante impacchi con soluzioni di solventi di diversa natura, rifinendo il lavoro con mezzi meccanici o con strumenti laser.

 

Dunque, il restauro della fontana del Nettuno è sì una storia complessa, fatta di cicatrici e degrado, ma anche di rinascita e bellezza, grazie alla ricerca scientifica e alla chimica.

Fonti:

IL RESTAURO DELLA FONTANA DI NETTUNO – Comune di Bologna