Lo zafferano è conosciuto da millenni: se ne parla nei papiri dell’Antico Egitto, nella letteratura greca e latina, persino nella Bibbia. Originario dell’Asia minore, furono gli arabi a introdurlo in Europa attraverso la Spagna.
Nel corso della storia, lo zafferano ha avuto gli usi più disparati: colorante per tingere i tessuti e per gli affreschi, farmaco naturale consigliato come analgesico, come digestivo e come calmante.
Forse non tutti sanno che oggi è altamente richiesto anche per le sue elevate proprietà organolettiche e farmacologiche e come preventivo di una serie di malattie degenerative.
Lo zafferano si ottiene dai pistilli, o meglio dagli stimmi, del fiore del Crocus sativus, raccolti a mano con estrema delicatezza. Pensate che per produrre 1kg di spezia occorrono circa centoventimila fiori! Ecco spiegato l’elevato costo di questo ingrediente che, nel corso della storia, si è meritato il nome di oro rosso proprio per il suo prezzo, oltre che per il caratteristico colore dorato. Per questi motivi la sua produzione è in calo e risulta sempre più difficile trovarlo a prezzi convenienti. Basta solo vedere la quantità presente nelle bustine che si trovano nei supermercati, davvero irrisoria! E non è sempre assicurato che il prodotto sia puro al 100%.
Lo zafferano è infatti uno dei prodotti più soggetti a frodi e adulterazioni alimentari a livello di colore, tramite l’aggiunta ad esempio di materiali di più basso valore economico, quali fiori di calendula, curcuma, ma anche cotone, trucioli di legno e persino plastiche.
Un team di ricercatori del Centro Ricerche Enea Casaccia ha sviluppato qualche anno fa un metodo biotecnologico per produrre in grandi quantità, a basso costo e con alti livelli di purezza le molecole di colore giallo-rosso dei fiori di zafferano, le cosiddette “crocine”, utilizzate storicamente come coloranti in pittura e ingredienti alimentari, ma che hanno anche proprietà antiossidanti e funzioni protettive nei confronti di malattie degenerative della retina e di alcune forme tumorali.
Ma la ricerca non si è limitata solo al “color zafferano”: nei mesi scorsi, lo stesso Centro Ricerche ha effettuato un ulteriore passo avanti nei segreti dello zafferano. Si può ora creare biotech sia la picrocrocina, la molecola responsabile del gusto dello zafferano, che il safranale, il composto che invece contribuisce al suo aroma
Lo zafferano ormai non ha più segreti: grazie a questa scoperta si potranno realizzare prodotti a base delle principali molecole del colore, del sapore e dell’aroma, da poter essere usati in ambito agroalimentare, senza spendere una fortuna e senza pesare sulla disponibilità di questa preziosa spezia.
Fonte: Enea.it