Tutto ebbe inizio nel 1968 quando il New England Journal of Medicine, una delle più autorevoli riviste scientifiche statunitensi, parlò per la prima volta della “sindrome da ristorante cinese”, una patologia comprendente una serie di sintomi che comparivano dopo aver consumato piatti originari della Cina del nord. A segnalarne la possibile esistenza fu una lettera scritta dal Dottor Robert Ho Man Kwok, ricercatore della National Biomedical Research Foundation di Silver Spring. L’autore, pur non avendo trovato l’effettiva causa dei sintomi, asserì che, con tutta probabilità, alla base della malattia ci fosse un particolare ingrediente: il principale sospettato fu il glutammato monosodico, ampiamente utilizzato nella cucina cinese.
Dopo la pubblicazione, la rivista ricevette numerose segnalazioni, al punto che ne parlò persino il New York Times. La popolazione americana, in preda alla fobia per il glutammato, guardò con sempre più diffidenza tutti gli alimenti che lo contenevano e la questione venne presentata persino al Congresso affinché lo mettesse al bando. Ma cosa aveva di male il glutammato per meritare un simile trattamento? In realtà, assolutamente nulla.
Il glutammato monosodico come additivo alimentare oggi si ricava attraverso un processo industriale di fermentazione microbica, ma può anche essere naturalmente contenuto in alcuni alimenti proteici stagionati o fermentati. Che venga dunque assunto nella sua forma di additivo alimentare o semplicemente mangiando un qualsiasi cibo che contenga delle proteine, non fa alcuna differenza.
Ciò di cui il glutammato è realmente responsabile è il famoso gusto “Umami”. Questa parola giapponese, traducibile in “saporito”, viene usata per indicare il gusto degli alimenti sapidi, come la carne, il parmigiano o la salsa di soia. Se, dunque, alcuni cibi sono così gustosi, è proprio grazie al glutammato ed è per questa caratteristica che viene anche utilizzato come additivo alimentare, con la particolare funzione di “esaltatore di sapidità”.
Numerose ricerche scientifiche e altrettante dichiarazioni di autorità internazionali, come la FAO e l’OMS hanno più volte giudicato il glutammato come sicuro per la salute.
A questo punto verrebbe da chiedersi come sia nata una simile bufala.
L’autore della fatidica segnalazione non è più tornato sull’argomento e alcuni dubitano persino che sia realmente esistito, imputando il tutto ad un semplice quanto disastroso scherzo. Comunque, l’origine della bufala sta nel fraintendimento del messaggio. Kwok non aveva presentato nessuna ricerca scientifica, nessun esperimento, nessuna prova. La sua era solo una lettera personale in cui raccontava di aver sperimentato qualche strano sintomo dopo aver mangiato cibo cinese. Non vi era alcuna pretesa di aver scoperto una malattia e ancor meno di puntare il dito contro il glutammato. Era un semplice interrogativo posto da un uomo di scienza ad una rivista scientifica, che fu poi interpretato come una spaventosa rivelazione.
Dopo oltre 50 anni e numerose smentite, questa fake news è ancora molto diffusa, come dimostrato dai prodotti “senza glutammato” disponibili nei supermercati, ennesima riprova di quanto spesso, alla base di una credenza infondata, ci sia un errore di comprensione.
Per saperne di più: “Additivi alimentari, che paura!”
Fonti:
La verità sul glutammato, Luca Perri – RaiCultura
Umami – Il chimico sulla tavola
Cos’è il glutammato monosodico ed è dannoso per l’uomo? – Food Facts For Healthy Choices
La VERITÀ sul GLUTAMMATO, Dario Bressanini – YouTube