Le fibre di sintesi, cioè che vengono trasformate dall’uomo con processi industriali, rientrano nella definizione di man made: in esse il ruolo dell’innovazione è fondamentale per migliorare il processo di trasformazione e le prestazioni dei tessuti stessi.
La sintesi all’origine di questo tipo di fibre coinvolge fonti diverse, anche rinnovabili. Per questo motivo non vanno considerate in antitesi alle fibre naturali (lino, seta, cotone, lana ecc.), che, anzi, hanno bisogno della chimica per essere trasformate e lavorate. Le fibre man made, inoltre, aumentano ancora di più la scelta di prodotti a disposizione, permettendo così di adattare ogni prodotto a un uso specifico.
Parliamo dei settori in cui questi prodotti vengono applicati: non solo abbigliamento, ma anche edilizia, aeronautica, sport, arredamento, automotive, salute, dispositivi di protezione individuale…
La chimica risulta fondamentale anche per differenziare i prodotti, in particolare grazie agli ausiliari chimici, fondamentali durante le fasi produttive per rimuovere impurezze, facilitare la filatura o la tessitura, migliorare la resa dei colori e molto altro. Gli ausiliari conferiscono determinate caratteristiche ai prodotti finiti come forma, consistenza, resistenza agli agenti esterni e durevolezza; allo stesso tempo rispondono alle esigenze tecniche, garantendo sicurezza e protezione per l’ambiente e i consumatori.
Dato l’aumento della popolazione mondiale, le fibre man made riescono a soddisfare concretamente e in maniera sostenibile le esigenze di tutti.
Dal punto di vista chimico l’obiettivo è sfruttare al massimo la molecola creata. In che modo? Attraverso il riuso, il riciclo meccanico e chimico e il recupero sotto forma di energia dopo un lungo ciclo di vita.