Se da una parte l’emergenza idrica di questo periodo ha generato un moltiplicarsi di consigli e vademecum su come impegnarci a limitare gli sprechi d’acqua, dai gesti quotidiani fino alle abitudini alimentari, dall’altra gli interventi utili per rispondere a un’emergenza di tale portata sarebbero molto più complessi.
Le condizioni della rete idrica nazionale, purtroppo, non sono certo ottimali: come ci rivelano i dati Istat, pubblicati a marzo 2022, la percentuale totale di perdite d’acqua – parliamo di quella potabile – è pari al 41%: questo significa che per ogni 100 litri immessi nel sistema, 41 non arriveranno mai agli utenti finali.
Per il cattivo stato dell’infrastruttura idrica si disperdono infatti 3,4 miliardi di metri cubi, che equivalgono a 156 litri al giorno per abitante. Per dare un’idea: considerato che in Italia il consumo giornaliero pro-capite è stimato in circa 215 litri d’acqua, queste perdite corrisponderebbero alle esigenze idriche di circa 44 milioni di persone in un anno.
Sono numeri impressionanti, che ci danno la misura di quanto questo spreco di acqua abbia importanti ripercussioni sociali, ambientali ed economiche, soprattutto nelle condizioni di scarsità idrica che stiamo vivendo ora.
Anche in questo caso la chimica non ci lascia soli! Secondo uno studio, che ha approfondito i benefici di una eventuale ristrutturazione delle reti di pubblica utilità, numerosi sarebbero i vantaggi, soprattutto per i cittadini, se per il trasporto di acqua si impiegassero materiali plastici.
Lo studio è stato condotto su gruppi omogenei di reti, sia idriche che fognarie, e su tre famiglie differenti di materiali, plastici, ferrosi e cementizi e ha permesso di comprendere come l’utilizzo della plastica rappresenterebbe un elemento di innovazione nello sviluppo di infrastrutture e un salto tecnologico nell’aumentare le prestazioni in termini di sicurezza, con una riduzione delle perdite d’acqua, della corrosione dei tubi e una maggiore durabilità delle reti.
Grazie alla loro versatilità, i materiali plastici permettono di ottenere prodotti flessibili, elastici, dall’ottima resistenza termica, all’abrasione e agli urti e dalle elevate proprietà tecniche.
Adottando questi materiali, quindi, si potrebbe incrementare l’affidabilità delle reti locali e, di conseguenza, anche i cittadini potrebbero usufruire di importanti benefici, tra i quali un miglioramento della qualità del servizio. È stato calcolato che, in un arco temporale di cinquant’anni, dovrebbero essere sostituiti circa il 42,5% degli attuali acquedotti e il 31,6% delle fognature. Questo equivarrebbe a sostituire 125.000 km delle reti idriche e 46.000 km delle attuali reti fognarie con una importante riduzione delle perdite idriche e un risparmio sia dal punto di vista economico che ambientale, di installazione e di manutenzione. Si tratterebbe di un risultato certamente non ottenibile nel breve periodo, ma i benefici sarebbero evidenti a lungo termine.
L’emergenza idrica è un problema drammatico, in cui ciascuno di noi è chiamato a fare la propria parte, impegnandosi ogni giorno per evitare ingiustificati consumi. Certo è che interventi infrastrutturali tecnologicamente avanzati sarebbero decisivi per vincere questa ennesima sfida e una delle soluzioni possibili, anche in questo caso, potrebbe arrivare dalla chimica e dai suoi materiali.
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