Nato nel 1859 Arrhenius, svedese, visse Uppsala, dove suo padre lavorava come geometra presso l’Università. Entrò all’Università per studiare matematica, fisica e chimica, ma i professori non lo entusiasmavano e presto si trasferì a Stoccolma per lavorare presso l’Accademia reale svedese delle scienze.
Nella Capitale si dedicò alla sua passione, il legame tra chimica ed elettricità – già ipotizzato da Jöns Jacob Berzelius – e nel 1884 presentò una tesi di dottorato sulla conduttività della corrente elettrica nelle soluzioni chimiche: “Indagini sulla conduttività galvanica degli elettroliti”. Arrhenius sosteneva che gli elettroliti, disciolti in acqua, si dissociavano in ioni positivi e negativi che sarebbero stati i conduttori della corrente elettrica.
La sua tesi visionaria venne accolta con scarso entusiasmo, proprio perché giudicata poco realistica. Il giovane Svante non si rassegnò e inviò le sue ricerche a diversi chimici svedesi e stranieri, nella speranza che qualcuno comprendesse il potenziale del suo lavoro. In effetti le sue teorie catturarono l’interesse di diverse personalità illustri del panorama scientifico europeo, tra cui Otto Pettersson, Wilhelm Ostwald e Jacobus Henricus van’t Hoff. Da qui la sua carriera, che aveva rischiato di essere stroncata sul nascere, poté decollare.
Negli anni successivi, grazie ad una borsa di studio itinerante offertagli dall’Accademia, Arrhenius viaggiò per l’Europa, collaborando con scienziati affermati e approfondendo i suoi studi.
Tornato in Svezia, divenne professore di fisica nel 1895 e rettore nel 1897. Nel 1903 poi arrivò il massimo riconoscimento per uno scienziato: il premio Nobel per la chimica attribuitogli proprio grazie alla sua teoria elettrolitica della dissociazione. Quando, due anni dopo, lasciò la cattedra venne messo a capo dell’Istituto Nobel per la chimica fisica. Lì poté contribuire allo sviluppo degli statuti della Fondazione Nobel e alla selezione dei vincitori dei premi in fisica e chimica.
Come abbiamo detto in premessa, Arrhenius non si limitò all’elettrochimica: si interessò infatti ai più svariati argomenti, come la biochimica, formulando una prima definizione degli acidi e degli alcali; si occupò anche di fisica cosmica, scrivendo testi e formulando celebri teorie e si dedicò anche alla climatologia.
In quest’ultimo campo, fu il primo a studiare l’effetto dell’anidride carbonica sulle temperature dell’atmosfera terrestre. Nel 1895 presentò un articolò alla Società fisica di Stoccolma, in cui sosteneva che l’anidride carbonica svolgesse un ruolo fondamentale nell’influenzare la temperatura del pianeta e dopo ulteriori calcoli pubblicò il libro Worlds in the Making, in cui descrisse per la prima volta la “teoria della serra”. Quest’ultima affermava che la Terra avrebbe una temperatura inferiore di 30 gradi senza l’azione dei gas contenuti nell’atmosfera e, successivamente, affermò come i progressi dell’industria avrebbero modificato la presenza di anidride carbonica con rilevanti conseguenze sul clima.
Nel corso della sua vita Arrhenius scrisse diversi libri riguardanti la chimica, l’elettrochimica e la fisica cosmica. A questi si affiancavano conferenze e pubblicazioni meno tecniche e più divulgative tradotte in varie lingue, dimostrando il suo interesse per la divulgazione scientifica.
Per il suo contributo al mondo della scienza venne eletto membro straniero della Royal Society inglese ricevendo la medaglia Davy dalla stessa Società e la Medaglia Faraday. Gli vennero inoltre conferite le lauree honoris causa dalle Università di Cambridge, Oxford, Edimburgo, Birmingham, Greifswald, Groningen, Heidelberg e Lipsia.
Morì nel 1927 a Stoccolma, nel Paese dove aveva sempre desiderato vivere e fu sepolto ad Uppsala, dove ebbe inizio la sua brillante carriera.
Per saperne di più leggi le storie di Jöns Jacob Berzelius e Jacobus Henricus van’t Hoff su Fatti, non Fake!
FONTI
Svante Arrhenius facts – The Nobel Prize
Arrhenius’ Carbon Dioxide Research – Earth observatory NASA