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Biodegradabile non vuol dire compostabile

15 gennaio 2024

Biodegradabile e compostabile sono termini ormai familiari e diffusi ma siamo sicuri di conoscerne l’esatto e – soprattutto! – diverso significato? Contrariamente a quanto si crede, infatti, i due termini non indicano la stessa cosa! Saperli distinguere è fondamentale per non commettere errori nello smaltimento dei rifiuti, così essenziale per la sostenibilità ambientale.


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Biodegradabile non vuol dire compostabile





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Biodegradabile

Si definisce biodegradabile un materiale che ha la capacità di disgregarsi naturalmente nell’ambiente in sostanze più semplici come acqua, anidride carbonica e metano. Ciò avviene grazie all’effetto di agenti naturali, in presenza di determinate condizioni climatiche e con tempi relativamente brevi. Si tratta, quindi, di un processo di disgregazione che non richiede l’intervento umano e non rilascia nell’ambiente sostanze inquinanti.

 

Tuttavia, la biodegradabilità non è assoluta né immediata. Un materiale biodegradabile al suolo potrebbe non esserlo in acqua dolce o nel mare.

 

Anche quando un rifiuto si trova nell’ambiente adeguato, il processo non è istantaneo. La biodegradazione si divide in tre fasi: deteriorazione, frammentazione e assimilazione; ognuna di queste richiede un certo periodo di tempo che può dipendere da fattori interni, cioè dalla composizione chimica del materiale, o esterni, ovvero dall’ambiente circostante, che può favorire o ostacolare la degradazione.

 

Perciò, anche quando abbiamo in mano un prodotto biodegradabile, dobbiamo comunque farne un uso coscienzioso e smaltirlo nel modo opportuno senza disperderlo nell’ambiente.

Compostabile

Si definisce compostabile un prodotto che può essere trasformato, a seguito di un processo – appunto – di compostaggio, in un fertilizzante naturale chiamato compost, utilissimo per l’agricoltura.

 

Per essere idoneo a tale processo, un materiale deve avere determinate caratteristiche: deve poter raggiungere il 90% di biodegradazione entro 6 mesi e il 90% di frammentazione entro 3 mesi all’interno di un compostatore industriale; deve contenere bassi livelli di metalli pesanti e non rilasciare sostanze pericolose, che potrebbero danneggiare il futuro compost. Si tratta dunque di un processo di biodegradazione, ma con caratteristiche specifiche: non produce sostanze semplici ma particolari sostanze nutritive, non avviene in acqua, in mare o nel suolo ma in un ambiente chiuso e regolamentato e non ha come finalità l’eliminazione del rifiuto ma il suo riutilizzo.

Perché separarli?

La biodegradabilità è una caratteristica fondamentale di un prodotto compostabile ma non è l’unica! Se non sono presenti tutti i requisiti necessari il processo di compostaggio può essere infruttuoso o persino dannoso, poiché il materiale lavorato potrebbe non frammentarsi adeguatamente o non rilasciare le sostanze nutritive necessarie.

 

Allo stesso modo, se un materiale compostabile venisse disperso nell’ambiente potrebbe comunque danneggiarlo prima di trovare le condizioni adeguate a biodegradarsi, poiché è stato creato per essere smaltito in una compostiera secondo precise modalità e condizioni che non sempre sono riproducibili in natura.

 

La diffusione di prodotti biodegradabili e compostabili non ci assolve dalle doverose premure che dobbiamo avere nello smaltimento dei rifiuti. Se vogliamo puntare ad un futuro più sostenibile e alla tutela dell’ambiente non basta circondarsi di prodotti “bio” ma occorre usarli e smaltirli con le dovute attenzioni.

 

 

 

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Fonti:

Angioni, S. Bertacchi, R. Rollini, Quello che sai sulla plastica è sbagliato. Il libro che dovresti leggere per capirci qualcosa, Gribaudo, Milano, 2023