La chimica ha scandito i principali momenti della storia di Primo Levi, anche salvandogli la vita nel campo di concentramento di Auschwitz, dove fu deportato in quanto ebreo nel febbraio del 1944 e ottenne un incarico come chimico specialista nel laboratorio di Buna: in questo modo riuscì a superare il rigido inverno.
La chimica fu decisiva per lui anche nel dopoguerra: dopo il lungo viaggio di ritorno in Italia, fu infatti assunto in qualità di chimico alla Siva (Società industriale di vernici e affini), una fabbrica di vernici di Settimo Torinese, dove rimase tutta la vita, arrivando a dirigerla.
“La chimica è una cosa che serve a tutto. Serve a coltivarsi, serve a crescere, serve a inserirsi in qualche modo nelle cose concrete”.
In tutte le sue opere Levi ci offre un’immagine epica della chimica, che si fa portatrice di un messaggio positivo. Per questo non ha mai smesso di sentirsi chimico anche quando scriveva, una mentalità scientifica acquisita e, al tempo stesso a lui connaturata, rappresenta il filo conduttore di ogni suo pensiero.
E’ tutta una questione di metodo. La chimica gli ha infatti fornito le parole e lo stile, tradotto in un vasto assortimento di metafore e termini: “perché per me termini come “chiaro”, “scuro”, “pesante”, “leggero”, “azzurro” hanno una gamma di significati più estesa e più concreta. Per me l’azzurro non è solo quello del cielo, ho cinque o sei azzurri a disposizione…”. (conversazione con Tullio Regge, fisico, Dialogo, curata da Ernesto Ferrero nel 1984).
C’è chi ha calcolato che nelle sue opere siano citati 58 elementi chimici e si contino 377 citazioni della chimica, anche nelle poesie.
L’idrogeno è l’amico complice, la leggerezza che arricchisce un tipo taciturno. Il piombo, materiale stanco, stimola ricerche insaziabili che si trasmettono di generazione in generazione e rappresentano il peso dell’eredità. L’instabile mercurio sembra non avere utilità di per sé, ha bisogno di “sposarsi” per trovare la sua autentica personalità. Il cerio, che appartiene alla zona delle terre rare, somiglia a una “mercanzia segreta” ed è grazie a quest’elemento che Levi sopravvive nel campo di sterminio, facendone contrabbando in cambio di cibo. E cosa dire del carbonio? Si trova in ogni cosa, organizza l’universo e lega gli occhi che osservano questa linea con la mano che la scrive. (da “Il sistema periodico”)
Oggi, 31 luglio, Levi avrebbe compiuto 100 anni.
Ma il 2019 è stato anche proclamato dall’ONU Anno internazionale della Tavola periodica degli elementi, per celebrare i 150 anni dalla sua scoperta da parte di Dmitri Mendeleev.
E quale miglior modo di celebrare queste ricorrenze se non attraverso le parole di uno dei passi più significativi che Levi ci ha lasciato?
“Cercai di spiegargli che la nobiltà dell’Uomo, acquisita in cento secoli di prove di secoli e di errori, era consistita nel farsi signore della materia, e che io mi ero iscritto a Chimica perché a questa nobiltà mi volevo mantenere fedele. Che vincere la materia è comprenderla, e comprendere la materia è necessario per comprendere l’universo e noi stessi: e che quindi il Sistema Periodico di Mendeleev era una poesia, più alta e più solenne di tutte le poesie digerite in liceo. A pensarci bene, aveva persino le rime”.
(da Ferro, ne “Il sistema periodico”)