La storia di Perey assomiglia a quella di molte ragazze di campagna dell’epoca. Rimasta orfana, dovette abbandonare il sogno di studiare medicina, ripiegando sull’École d’Enseignement Technique Féminine, un collegio professionale per tecnici chimici, dove si diplomò con il massimo dei voti.
All’epoca, il Radium Institute, fondato da Marie Curie con la figlia Irène e il genero Frédéric Joliot, reclutava i propri assistenti scegliendo tra i migliori della Scuola e Perey, che si era distinta per la sua mente brillante, fu convocata per un colloquio, appena diciannovenne.
Molto più tardi, commentò così il suo primo incontro con Marie Curie, già un mito al suo tempo: “…entrò nella stanza come un’ombra. Era una donna vestita interamente di nero. Aveva i capelli grigi, raccolti in una crocchia, portava occhiali spessi ed era di un estremo pallore. Trasmetteva un’impressione di estrema fragilità. Pensai che fosse una segretaria, poi mi resi conto di essere alla presenza proprio di Marie Curie”
Il colloquio fu proficuo e Marguerite, qualche giorno dopo, ricevette la lettera di assunzione.
Per dieci anni, i suoi compiti quotidiani furono scanditi da un meticoloso rituale: estrarre, concentrare e purificare l’attinio puro da tutti gli altri componenti del minerale grezzo di uranio, in modo che Marie Curie potesse studiare il suo decadimento.
Dopo la morte di Curie, nel 1934, Perey, dimostratasi abile ricercatrice, continuò i suoi studi sotto la supervisione del chimico francese Andre Debierne, lo scopritore dell’attinio.
Un giorno, la giovane chimica lesse un articolo di alcuni ricercatori statunitensi che affermavano di aver rivelato particelle beta emesse dall’attinio. La pubblicazione non la convinceva: sospettava che l’elemento, che lei conosceva ormai bene, stesse decadendo in un altro atomo responsabile dell’emissione di raggi.
Ci lavorò tutta la notte e il giorno seguente prese un congedo di tre settimane per dedicarsi esclusivamente agli studi.
Un mese dopo, la scoperta. L’attinio, decadendo, aveva perso alcuni atomi e si era trasformato in un elemento mai identificato prima, responsabile delle insolite radiazioni. Si trattava di quello che oggi è conosciuto come Francio, chiamato così proprio da Perey, in onore del suo Paese. Venne così scoperto l’ottantasettesimo elemento della tavola periodica.
Gli immensi sforzi della giovane chimica furono riconosciuti e acclamati dalla comunità scientifica dell’epoca: dal 1952 ricevette 5 candidature al Nobel per la Chimica e l’anno successivo venne eletta membro della “Académie des Sciences” – fu la prima donna nella storia.
Sembra incredibile, ma Mendeleev, pur non sapendone nulla, aveva già previsto il Francio nella sua tavola periodica!
Com’è possibile? Disponendo gli elementi che avevano qualità simili in gruppi definiti, il chimico russo fu in grado di prevedere come sarebbero stati gli atomi non ancora scoperti e per questo lasciò alcune caselle vuote.
In particolare. sotto il Cesio suggerì un elemento che chiamò Eka-cesium, che occupava la cella numero 87 e che, dopo la scoperta della Perey, prese in nome di Francio!