Siete “un astrofisico e un chimico sulla zattera del ragionamento scientifico”, in balia di una vera e propria tempesta: perché imperfetta (senza spoilerare possibilmente)?
Perri: Solitamente quando si parla di eventi capaci di travolgere tutto, inarrestabili nonostante le precauzioni prese, si tende a parlare di tempesta perfetta: un fenomeno in cui tutti gli elementi si sommano e rafforzano, come se coordinati per aumentare la propria efficacia. L’infodemia è una tempesta capace non solo di travolgere tutto, ma anche tutti. Compresi coloro che all’infodemia contribuiscono, volutamente o involontariamente, con le fake news. Non conta quanto la si studi, quanto ne si delineino le dinamiche: l’infodemia, per quanto ci si provi da tempo, non sembra né governabile né, spesso, influenzabile nel suo andamento. Ci saranno sempre delle dinamiche che emergeranno via via nel corso del tempo e che non saranno prevedibili. Possiamo quindi solo sperare di renderla – talvolta – arginabile.
Barbascura X: Quando si parla di infodemia si parla di un fenomeno con connotazioni naturali non diverse da un fenomeno atmosferico estremo. Lo si può prevedere, ma mai al 100%. Perché in fondo nasce dall’imperfezione della perfetta mente umana, evolutasi per affrontare determinati problemi e pericoli che non hanno nulla a che vedere col mondo contemporaneo. Così ci si ritrova in balia a errori di attribuzione, distorsioni e polarizzazioni del pensiero, bias cognitivi, pregiudizi ed ovviamente apofenia, in una società che spesso richiede coordinazione e azioni decise, specie quando si parla di situazioni emergenziali. Ad esempio l’apofenia, , ovvero la tendenza a trovare collegamenti in eventi e dati totalmente scollegati tra di loro ignorando il fattore casuale di certe correlazioni, è alla base delle teorie cospirazioniste. Alla fine, è un enorme mulino a vento quello che ci troviamo ad analizzare. La nostra arma è solo una piccola penna carica di speranza.
In Infodemic ci avete messo in guardia dalle fake news più insidiose e diffuse del nostro tempo, lasciandoci con la speranza che qualcosa si può fare per contrastarle. Qui in “La tempesta imperfetta” sorge il dubbio che il debunking – lo smantellamento delle bufale – non funzioni. È davvero così?
Perri: In realtà entrambe le cose sono parzialmente vere. Il debunking inteso come semplice smantellamento delle bufale ha un funzionamento effettivamente limitato da diversi fattori. Per creare una bufala ci vogliono poco tempo, poca energia e poche parole. E questa potrà raggiungere un pubblico enorme. La smentita, che costa tempo, fatica, studi e molte parole, raggiunge un pubblico infinitamente più piccolo di quello che è entrato in contatto con la fake news. E buona parte delle persone raggiunte saranno già convinte che quella notizia sia falsa. È quello che si chiama “predicare ai convertiti”, insomma. Spesso, poi, coloro che credono fortemente alla notizia di partenza, entrando in contatto con la smentita, si chiudono a riccio e si arroccano ancora di più sulle proprie posizioni. Visto così, il fenomeno del debunking ne esce malconcio, perché può raggiungere solo una percentuale minima della popolazione. Per questo al momento ci si sta concentrando sul prebunking, ovvero sullo spiegare non solo perché alcune notizie sono false, ma anche come e perché – a livello cognitivo – le bufale si diffondono e attecchiscono. In questo modo si cerca di rendere le persone consapevoli e forse più propense ad auto-difendersi.
Quali sono le fake news sulla chimica secondo te più assurde?
Barbascura X: Ah, ce ne sono tantissime. Si va dagli OGM che fanno esplodere gli organi interni fino a strane teorie circa l’acidità del cibo. Ricordo che qualche anno fa mi arrivò questo messaggio sottoforma di catena di sant’Antonio in cui si elencavano una serie di cibi pericolosissimi assieme al loro presunto pH. La banana, pericolosissima, aveva un pH di 11 (tipo l’ammoniaca), ma ancor più i pancake (non scherzo) che secondo l’autore del messaggio avrebbero un pH di 22. Lasciando stare il fatto che la scala di pH va da 0 a 14, ma un pancake superalcalino sarebbe in grado di sciogliere anche il pavimento. Non fatelo scivolare a terra, per carità.
Qual è l’ultima fake news a cui hai creduto e perché ci sei cascato?
Perri: È stato un video deepfake di un politico italiano che diceva una cosa molto sconveniente. E i miei preconcetti su quella persona hanno fatto in modo che io rimanessi sì incredulo, ma in fondo non dubbioso su ciò che stavo vedendo. Mi sono persino girato per dire alle persone che avevo attorno “Ma avete visto cosa ha detto?”, quindi stavo pure contribuendo a diffondere quella fake news. Poi per fortuna mi sono un attimo fermato e ho provato ad analizzare meglio il filmato, scoprendo di essere stato tratto in inganno. E questo mi ha confermato che non conta quanto siamo coscienti del problema fake news: siamo tutti esseri umani con le emozioni, e per quanto razionali pensiamo di essere, alla fine prendiamo la stragrande maggioranza delle nostre decisioni agendo “di pancia”. Dobbiamo costringerci ad essere dubbiosi e ad attivare la nostra parte analitica ogni qual volta una notizia stimola fortemente la nostra sfera emotiva, prima di diffonderla. È una pratica detta “scetticismo emotivo”. Tutto ciò è fortemente mancato durante l’emergenza sanitaria a inizio pandemia, quando sui media e sui social giravano bufale di ogni tipo: la gente, presa dal panico, nel dubbio comunicava a parenti, amici e conoscenti come difendersi dal virus. Contribuendo ad ingrossare l’onda dell’infodemia.
Siete diventati molto popolari come divulgatori scientifici e avete un grande seguito. Pensate che sarà possibile superare gli stereotipi e riqualificare la scienza oltre le fake, anche nelle nostre scelte quotidiane?
BarbascuraX: Beh, l’essere umano è complesso. Non si riuscirà mai a eradicare un problema, ci sarà sempre chi crederà nei tarocchi. Tuttavia sono molto ottimista. Parliamo di bolle, che fin quando restano bolle non rappresentano un problema. Il problema nasce quando una fake news molto problematica si diffonde anche tra chi non è soggetto a queste dinamiche mentali, e soprattutto quando ci si ritrova ad affrontare un’emergenza. Penso all’emergenza pandemica degli ultimi anni, ma anche alla grande emergenza della nostra generazione, ovvero la crisi climatica in corso. Per quest’ultima si sono fatti tantissimi passi in avanti, ma siamo ancora lontani da eradicare i preconcetti che aleggiano sul tema. Purtroppo il tempo stringe.