Comunemente si pensa alle conchiglie come alle “case” di molluschi e lumache: in realtà sono un vero e proprio scheletro esterno che serve a proteggere e sostenere le parti molli di questi animali. L’esoscheletro si forma per mezzo delle cellule cutanee del mantello (o pallio), una estensione della parete corporea di alcuni invertebrati.
Quando si passeggia in riva al mare capita di notare conchiglie anche molto diverse per dimensioni, forme e colori, ma il processo alla base della loro formazione è quasi identico per tutte le specie. Il primo abbozzo di conchiglia ha origine fin dallo stadio embrionale grazie ad alcune cellule presenti nella regione dorsale e l’accrescimento differisce, oltre che nelle diverse specie, anche da individuo a individuo perché è influenzato da fattori come l’acidità, la temperatura dell’acqua, l’alimentazione, l’inquinamento dell’ambiente e la luce! Per questo motivo le conchiglie che si trovano in mari particolarmente freddi e profondi sono bianche o hanno colori piuttosto spenti.
Possono essere molto differenti tra loro, eppure tutte le conchiglie sono fatte della stessa sostanza, non dei sogni di shakespeariana memoria, ma di carbonato di calcio (CaCO3) e da una piccola quantità di proteine (2%). Il carbonato di calcio si cristallizza in due forme: calcite, che si trova nel marmo e nel corallo, e aragonite, dove gli atomi si dispongono in maniera totalmente differente rispetto alla precedente forma.
Monocolori, sfumate, variopinte… le conchiglie sembrano sempre vestite a festa! La loro colorazione non solo è determinata dalla presenza nel guscio di differenti pigmenti, tra cui carotenoidi (giallo e arancio), melanine (nero e marrone), porfirine (verde) e indigoidi (blu e rosso), ma anche dalla dieta dell’animale stesso.
Le conchiglie, solitamente, hanno una crescita che va dal basso verso l’alto e quelle già formate si presentano composte da tre strati. Quello più esterno (periostraco) è principalmente proteico, può presentare punte e asperità ed è ruvido, mentre quello intermedio (ostraco) è formato da prismi di calcite che rendono il guscio di difficile rottura. Lo strato più interno (ipostraco) è quello a contatto direttamente con il mantello: è la cosiddetta madreperla, formata da lamelle di aragonite.
L’animale, durante la sua vita, continua a crescere e il suo guscio protettivo con lui. Mentre alcuni di questi incrementi sono visibili sulla superficie esterna del guscio, altri lo sono solo nella struttura interna.
Le conchiglie sono veri e propri registri geochimici: conservano infatti le informazioni sull’ambiente marino in cui si trovano, come la luce, la temperatura e la composizione dell’acqua.
Analizzando le conchiglie, gli scienziati possono ricostruire i cambiamenti ambientali avvenuti nel corso del tempo.
È vero che avvicinando una conchiglia all’orecchio si può sentire il mare anche a chilometri di distanza? Una credenza popolare, decisamente romantica, afferma che quello udito sia il nostro battito cardiaco ma, la spiegazione scientifica, è totalmente differente.
Quando il suono dell’ambiente attorno a noi investe la conchiglia, produce al suo interno una serie di onde di risonanza che rimbalzano da una parete all’altra. Questo meccanismo è facilitato dalla composizione della conchiglia stessa: il carbonato di calcio è un materiale abbastanza duro, sul quale le onde sonore rimbalzano più volte fino a dare i caratteristici suoni che sentiamo. Il fenomeno è chiamato risonanza di Helmholtz!
E voi, sapevate quanta chimica sta dietro a quelle piccole e variopinte conchiglie sui bagnasciuga delle nostre spiagge?