Nate negli anni ’70, queste carte hanno un costo basso e sono facilmente programmabili e registrabili. Oggetti, dunque, apparentemente semplici, che in pochissimo spazio, racchiudono una quantità di informazioni sensibili.
Com’è possibile?
Proviamo a capire: anzitutto le carte di credito sono, di fatto, rettangoli di plastica a cui viene aggiunto un supporto, in grado di contenere dati in formato digitale.
Si riconoscono per la presenza di una striscia scura, una banda magnetizzabile per la registrazione delle informazioni. La striscia è composta da materiali metallici come ossido di ferro o ferrite di bario, che vengono mescolati a una resina ottenendo una vernice. Questa, a sua volta, è incollata su uno strato della carta e viene poi magnetizzata. A volte, per evitare che questo strato si deteriori, si applica un velo di plastica sull’intera superficie.
I dati sono memorizzati per mezzo di campi magnetici che orientano le molecole presenti sulla striscia. Le particelle magnetiche, per poter contenere le informazioni, vengono inizialmente orientate tutte lungo un’unica direzione; poi, al momento della registrazione dei dati, il loro orientamento cambia a seconda che debbano rappresentare uno 0 o un 1. Le informazioni infatti, sono registrate utilizzando il codice binario, lo stesso in base a cui funzionano i computer.
La disposizione delle particelle ferrose influenza un valore detto coercitività, che indica l’intensità del campo magnetico richiesta per registrare i dati sulla striscia magnetica. Le carte magnetiche si suddividono così in quelle ad alta coercitività (HiCo) e bassa coercitività (LoCo). Nel primo caso occorre un forte campo magnetico per la registrazione dei dati, nel secondo ne basta uno più debole. Se la coercitività è bassa la carta costa meno ed è più facilmente registrabile, ma c’è il rischio che si smagnetizzi più facilmente. Per distinguere le une dalle altre a volte basta osservare il colore della banda magnetica: quelle di tonalità nera sono di tipo HiCo, mentre quelle LoCo hanno una tinta bruna.
La lettura di queste carte avviene facendo strisciare la banda magnetica all’interno di un lettore. In alcuni casi le operazioni che la carta deve eseguire sono crittografate, cioè scritte con un sistema di cifratura che ostacola la lettura dei dati da parte di sistemi non autorizzati.
Oggi molte carte di credito hanno inserito anche un microchip che è in grado di contenere molte più informazioni di una semplice banda magnetica. La struttura di questo microchip è tale e quale le chiavette USB usate per trasferire dati tra dispositivi elettronici. Anche questo microchip deve le sue prestazioni alla chimica!
Ma di questo parleremo in un’altra puntata…continuate a seguirci!
Si ringrazia il Professor Maurizio Masi, Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria chimica “Giulio Natta” del Politecnico di Milano