Willard Frank Libby nacque a Grand Valley, in Colorado, nel 1908. Studente abile e talentuoso si laureò in chimica all’Università della California per poi ottenere un dottorato nel 1933.
Nel dopoguerra divenne professore di chimica al Dipartimento di Chimica e Istituto di Studi Nucleari dell’Università di Chicago fino al 1954, quando il Presidente Eisenhower lo nominò membro della Commissione per l’Energia Nucleare degli Stati Uniti. Si spostò poi a Los Angeles presso l’Università della California, dove ottenne una cattedra in chimica e la nomina a direttore dell’Istituto di geofisica e fisica planetaria nel 1962.
Durante la sua vita ha ricoperto incarichi prestigiosi presso università, aziende e dipartimenti di stato, soprattutto nell’ambito dell’energia nucleare e della difesa, ma nulla può essere paragonato ai suoi studi sul carbonio 14, compiuti quando era a Chicago.
Prima dell’invenzione di Libby, i metodi per datare i reperti archeologici e geologici erano tutt’altro che affidabili. Di solito, in assenza di fonti storiche, si comparavano i nuovi ritrovamenti con i reperti di cui già si conosceva l’età o ci si affidava allo studio degli strati geologici per dare una datazione relativa: metodi per nulla sicuri e spesso interpretativi. Libby trovò una soluzione affidandosi ad un isotopo naturale dell’elemento carbonio: il carbonio 14, radioattivo e instabile, anche chiamato radiocarbonio.
Questo isotopo si forma nell’atmosfera a causa del bombardamento dei raggi cosmici, come scoperto dal fisico Serge Korff nel 1939. Libby intuì che attraverso il ciclo del carbonio anche il radiocarbonio poteva entrare in contatto con la materia vivente lasciando una traccia su di essa. Al momento della morte dell’organismo, tale interscambio con la biosfera si interrompe e il carbonio 14 inizia in modo naturale a degradarsi ad un ritmo fisso e costante nel tempo. Da questo presupposto Libby capì che confrontando i livelli di radiocarbonio di un reperto con quelli che avrebbe avuto in vita si poteva risalire agli anni trascorsi dalla sua morte semplicemente considerando i tempi di decadimento radioattivo, ben noti già all’epoca.
La portata della scoperta fu tale che, dopo una lunga serie di premi, encomi e riconoscimenti, Libby ricevette il Nobel per la chimica nel 1960 con la seguente motivazione: “per il suo metodo che utilizza il carbonio-14 per la determinazione dell’età in archeologia, geologia, geofisica e altri rami della scienza”.
La scoperta di Libby fece molto più che datare una manciata di reperti: letteralmente rivoluzionò molte delle convinzioni scientifiche dell’epoca. Era credenza diffusa, ad esempio, che la civiltà si fosse sviluppata nel continente europeo per poi diffondersi nel resto del mondo; grazie alla datazione al radiocarbonio, gli scienziati hanno potuto analizzare manufatti provenienti da diverse parti del globo e constatare come lo sviluppo della civiltà sia avvenuto simultaneamente in più aree del mondo.
Anche il mondo della geologia è stato avvantaggiato dagli studi di Libby, che hanno reso possibile studiare la storia del nostro pianeta in modo più preciso e accurato. Ad esempio, l’ultima glaciazione del Nord America, precedentemente fatta risalire a 25.000 anni fa, si è rivelata assai più recente grazie all’analisi del carbonio 14 ritrovato su campioni di legno d’albero un tempo sepolti sotto il ghiaccio.
Il brillante chimico morì l’8 settembre del 1980, all’età di 71 anni. Nel tempo molti scienziati hanno integrato e migliorato il suo sistema di datazione ma nessuno, ad oggi, è ancora riuscito a superarlo.