La chimica è...

Chimica e società

Storia di un’astuta invenzione: il bianchetto

3 febbraio 2022

Oggi sembra impossibile pensarlo ma una volta, quando non esistevano i pc, i documenti si redigevano con la macchina per scrivere. Un metodo affascinante magari, ma che non consentiva errori: se si sbagliava la sequenza della frase, ad esempio, o anche per la piccola dimenticanza di una lettera, il documento andava riscritto da capo. Anche gli errori di battitura erano fatali: correggerli era difficile e spesso risultava impossibile eliminarne le tracce.


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Storia di un’astuta invenzione: il bianchetto





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ricerca e innovazione
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Bette Nesmith Graham

Lo sapeva bene Bette Nesmith Graham, che nel 1944 era una segretaria trentenne in una banca del Texas, stato in cui era nata e viveva da sempre. Era una pessima dattilografa, aveva in dotazione un nuovo modello di macchina da scrivere con una tastiera molto più sensibile e con un inchiostro che rendeva impossibile correggere gli errori con una gomma da matita. Tutti questi fattori, sommati, le rendevano il lavoro molto difficile.
Così, aguzzando l’ingegno, recuperò qualche nozione d’arte acquisita dalla madre pittrice. Guardandola dipingere aveva imparato che alle imperfezioni e sbavature si rimediava con un nuovo strato di colore. Da qui, l’intuizione: cominciò ad imitare la loro tecnica mescolando alcune tempere che aveva a casa per riprodurre il colore della carta su cui lavorava in ufficio e coprendo i refusi con un piccolo pennello. Questa operazione era più veloce e pulita della cancellatura a gomma, ed era appena visibile sulla pagina: nacque così il bianchetto, diventato poi strumento indispensabile per correggere in corsa gli errori di battitura, per anni arma irrinunciabile di tutti i dattilografi del mondo.
Per alcuni mesi questa formidabile scoperta rimase segreta: Nesmith Graham teneva nascosta la boccetta in un cassetto della scrivania, usandola senza farsi vedere e solo quando era necessario. Fu nel 1950 che incominciò a produrre boccette di bianchetti per i colleghi d’ufficio, ansiosi di avvalersi di questa tecnica tanto semplice quanto geniale.

Il Liquid Paper

Chiamò la sua invenzione “Mistake Out”, “Via l’errore”, e continuò a studiare per migliorarla, facendo ricerche nella biblioteca pubblica sulle varie miscele per pittura, insieme ad un insegnante di chimica.
Di lì a breve la miscela venne distribuita col nome di Liquid Paper (carta liquida) ed ebbe il successo mondiale che si tramanda ancora oggi.
Gli studi e le ricerche hanno permesso un’evoluzione del prodotto nel tempo, sia per formulazione che per modalità di confezionamento.
Il bianchetto più comune sul mercato è molto simile per forma a quello inventato dalla Graham: si tratta di una boccetta contenente il correttore fluido da distribuire sulla pagina con un pennello. La base della miscela è composta da un solvente, che permette una rapida asciugatura, e biossido di titanio, una polvere cristallina indispensabile per donare il caratteristico colore bianco. La stessa composizione la troviamo nel bianchetto “a penna”, più maneggevole e capace di dosare meglio la fuoriuscita del prodotto grazie ad una punta a sfera flessibile.
Di tutt’altra natura è invece il correttore a rullo: questo tipo di scolorina non prevede l’utilizzo di un liquido, bensì di un nastro di vernice bianca sottilissimo. Anche qui la presenza dei solventi è imprescindibile per permettere alla pellicola di aderire al foglio.

Il Liquid Paper fu un’invenzione astuta e geniale, come disse più volte la Graham stessa: un correttore che sollevò il mondo “dalla pressione della perfezione”.