La storia delle lenti a contatto è antica e si è evoluta di pari passo con le grandi scoperte scientifiche.
Come moltissime altre cose, una primordiale idea di lente a contatto si deve a Leonardo Da Vinci: nello studio per conoscere l’anatomia, la fisiologia e i meccanismi dell’occhio, racchiuso nel suo “Codice Atlantico”, troviamo una descrizione dettagliata di un metodo per modificare la percezione visiva. Si trattava di una boccia di vetro piena d’acqua nella quale immergere gli occhi. Un’invenzione che però si rivelò poco pratica e non venne mai utilizzata.
Un secolo e mezzo dopo fu Cartesio a proporre un’altra idea: disegnò un tubo sottile di vetro riempito d’acqua da appoggiare direttamente sulla cornea. L’estremità opposta era trasparente e permetteva una visione corretta, ma anche questo tentativo fu presto abbandonato perché la sua forma non permetteva alle palpebre di chiudersi.
Fu Thomas Young, nel 1801 a inserire nel tubo di Descartes una lente microscopica. Ne fece un uso personale, correggendo la propria miopia.
Di grande ispirazione per gli studiosi dell’epoca fu poi l’idea dell’astronomo inglese John Herschel di costruire una lente che si adattasse perfettamente alla superficie oculare e nel 1887, l’oftalmologo svizzero Adolf Fick costruì la prima vera lente a contatto.
Questa poggiava attorno alla cornea ed era costruita in vetro duro tramite soffiatura. Lo spazio vuoto tra il vetro e la superficie dell’occhio era riempito da destrosio, un monosaccaride molto diffuso in natura.
Le lenti così concepite erano grandi, poco maneggevoli e scomode. Tuttavia, la prova che un pezzo di vetro applicato sull’occhio potesse migliorare la vista fu di incoraggiamento per i ricercatori dell’epoca.
Furono le invenzioni in ambito chimico a dare impulso alla ricerca in campo optometrico e, di conseguenza, alla messa a punto delle lenti, così come le conosciamo oggi.
William Feinbloom fu il primo a pensare di sostituire il vetro soffiato con la plastica. In questo modo si riduceva il peso del prodotto finale, si facilitava la modellatura del materiale e si rendevano le lenti più compatibili con i tessuti oculari. In particolare, scelse di utilizzare il neonato polimetilmetacrilato, oggi chiamato comunemente plexiglas, che, essendo un polimero termoplastico, possedeva tutte le caratteristiche necessarie.
Questa innovazione determinò il futuro delle moderne lenti a contatto: facilmente realizzabili, piccole e maneggevoli. Gradualmente, anche il diametro e lo spessore diminuirono fino ad arrivare al design che conosciamo oggi.
I polimeri con i quali venivano costruite le lenti furono migliorati nei 25 anni successivi, soprattutto per garantire la permeabilità dell’ossigeno. Gli anni Novanta rappresentarono un periodo particolarmente florido per la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie per la correzione della vista. In particolare, nel 1999, si utilizzò per la prima volta il “silicone idrogel”: un materiale estremamente permeabile all’ossigeno e confortevole, grazie all’alta percentuale acquosa al suo interno.
La chimica, grazie alle sue scoperte ed invenzioni, ha accompagnato lo sviluppo di questi dispositivi e ha fatto sì che l’industria del settore potesse avvalersi di nuovi polimeri con particolari caratteristiche chimico fisiche, più funzionali ed efficaci per la correzione della vista.
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