Ogni volta che al supermercato vedo riviste con articoli privi di valore scientifico come questo è un bagno di realtà per un divulgatore: ci si mette 30 secondi a dire o scrivere in modo semplice e accattivante una sciocchezza inventata di sana pianta.
Ma ci vorrebbero decine di minuti o addirittura ore per spiegare (a chi ci crede) *perché* sono fesserie. E in un mondo dove purtroppo sempre più persone pretendono la pappa pronta in formato pillole di 30 secondi con risposte semplici, e non vogliono investire qualche ora del proprio tempo per capire un argomento, mi spiego perché queste riviste hanno successo.
È difficile spiegare (e far accettare) che un buon modo per evitare di essere presi in giro sui temi della salute è considerare falso qualsiasi cosa che non sia dimostrato da prove scientifiche (e no, una testimonianza di un medico non è una prova scientifica, non conta nulla, neanche se è un Nobel)!
Niente fonti scientifiche serie? Lo considero falso in attesa che arrivino. E nel 99,9% dei casi non arrivano mai.
Dicevo del bagno di realtà, il successo di certi siti, riviste e personaggi mi ricorda sempre che persiste purtroppo l’atteggiamento sbagliato opposto: mi “fido di X” (perché magari ha toccato le mie corde emotive in modo convincente) e casomai starà ad altri “smentire”. Che è proprio il contrario di come funziona la scienza, che è scetticismo estremo organizzato.
Dopo il bagno di realtà che mi ricorda che non posso salvare il mondo e chi non vuole essere salvato, e neanche svuotare il mare con secchiello, mi faccio bastare il riempire tanti secchielli: tutte le persone che in questi anni hanno imparato grazie alla divulgazione, ad approcciare il mondo in modo diverso. E così a non rimanere fregati.
Se faccio ancora divulgazione è perché sono contento di continuare a riempire secchielli. Pochi, ma va bene così.
Dario Bressanini
Chimico, divulgatore scientifico e autore di “Pane e bugie. I pregiudizi, gli interessi, i miti, le paure” e “Le bugie nel carrello. Le leggende e i trucchi del marketing sul cibo che compriamo”.
