Un posto d’onore in questa delicata fase storica spetta a Stanislao Cannizzaro, chimico e patriota italiano. Approdò alla chimica dopo essersi dedicato agli studi di medicina (senza mai laurearsi) e nel 1845 divenne assistente a Pisa di Raffaele Piria, professore di chimica e politico. Nel 1848 Cannizzaro prese parte ai moti siciliani, conquistando la fiducia del Governo rivoluzionario che, in quello stesso anno, lo inviò a Taormina per raccogliere forze cittadine contro l’avanzata delle truppe borboniche. La rivoluzione siciliana fu però repressa e Cannizzaro fu costretto a scappare in Francia, dove trovò lavoro nel laboratorio del celebre chimico M.E. Chevreul, contribuendo alla preparazione della cianammide.
Quando fu proclamata la nascita del Regno d’Italia tornò in patria, dando inizio ad un periodo molto intenso dal punto di vista scientifico: fu chiamato ad insegnare chimica all’Università di Genova e nel 1858 affrontò il problema della determinazione dei pesi atomici degli elementi, una spinosa questione su cui i chimici discutevano da decenni. Cannizzaro riuscì a stabilire i valori reali dei pesi atomici di elementi importanti, dall’ossigeno al carbonio, dal ferro al mercurio.
La fama internazionale del chimico italiano crebbe ancora nel 1860 quando, a un congresso che si tenne in Germania a Karlsruhe, convinse gli esponenti più importanti della chimica europea della correttezza delle sue idee. Fra gli scienziati presenti al congresso c’erano anche il tedesco Lothar Meyer e il russo Dmitrij Mendeleev, che alcuni anni dopo giunsero a formulare una delle più importanti scoperte chimiche (in modo indipendente l’uno dall’altro) utilizzando proprio i pesi atomici calcolati da Cannizzaro: il sistema periodico degli elementi.