Forse non sai

Chimica del cibo

Peperoni e Peperoncini: tra chimica e folklore

30 Giugno 2025

Protagonisti sulle tavole e nei riti popolari: stiamo parlando di peperoni e peperoncini. Questi ultimi da sempre vengono appesi, per lo più in cucina, come protezione contro il malocchio: una antica usanza che, superstizione a parte, ha anche una spiegazione scientifica. I peperoncini, infatti, sono frutti non climaterici, ovvero la loro maturazione si ferma una volta staccati dalla pianta; si conservano a lungo e possono essere utilizzati per dare gusto e piccantezza in tantissimi piatti diversi. Pur appartenendo alla stessa specie, si differenziano per una molecola «di fuoco», la capsaicina, che rende il peperoncino irresistibilmente piccante.


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Peperoni e Peperoncini: tra chimica e folklore





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Come un camaleonte, anche il peperone cambia spesso veste. All’inizio è verde per la presenza di clorofilla, poi, con la maturazione, questa molecola si degrada svelando nuovi colori grazie ad alcuni pigmenti. Questi donano al peperone sfumature vivaci come il rosso (capsantina e capsorubina), il giallo (luteina e violaxantina) e l’arancione (beta carotene).





Il peperone, mentre matura, non cambia solo colore, ma anche aroma! Nei peperoni verdi la 2-metossi-3-isobutilpirazina contribuisce al tipico odore in concentrazioni bassissime. Altre molecole, come (E)-2-esenale e (E)-2-esanolo, associate ad aromi dolci e fruttati, aumentano invece di concentrazione con la maturazione dei peperoni. Questo ci aiuta a capire la differenza tra gli aromi dei peperoni di colori differenti.





I peperoni non sono solo colorati e buoni, ma anche una fonte preziosa di vitamina A! Questa vitamina si forma a partire dal beta carotene, una molecola che una volta ingerita viene trasformata nell’intestino e immagazzinata nel fegato, pronta all’uso. Ha un potente effetto antiossidante: aiuta a proteggere le cellule dai radicali liberi, molecole che causano stress ossidativo.





Di solito si pensa che la piccantezza di un peperoncino dipenda dal suo colore, ma in realtà è legata alla quantità di capsaicina presente nella parte biancastra al suo interno. Nel 1912 il chimico americano Wilbur Scoville inventò una scala di valutazione per misurare la piccantezza; i metodi attuali, più precisi e puntuali, utilizzano invece la cromatografia liquida ad alta prestazione, detta HPLC.





Può succedere di mangiare un piatto troppo piccante che determina un apparente aumento della temperatura in bocca. Ciò accade perché i recettori del gusto piccante, ai quali si lega la capsaicina, sono dei termorecettori ovvero recettori sensibili alle variazioni di temperatura. La capsaicina è una molecola apolare e quindi non affine all’acqua, per questo è inutile bere litri d’acqua durante un “pasto piccante”, ma è utile assumere latticini o grassi.