Migliorare aspettativa e qualità della vita delle persone, attraverso strumenti di prevenzione, diagnostica e cura. Garantire a tutti l’accesso alle migliori cure possibili. Adottare un approccio One Health dove la tutela della salute, ma anche quella di suolo, acqua e qualità dell’aria sono obiettivi strettamente connessi e non più procrastinabili. Incentivare la transizione verso modelli di sviluppo e di utilizzo delle risorse naturali più sostenibili e circolari. Ma anche produrre di più, utilizzando meno risorse; conservare gli ecosistemi; proteggere la biodiversità; adottare pratiche agricole che rafforzino la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici e alle condizioni meteorologiche estreme.
Questi sono alcuni dei 17 obiettivi posti dalle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile. Obiettivi che hanno una validità globale, riguardano e coinvolgono tutti i Paesi e le componenti della società, dalle imprese al settore pubblico, dalla società civile agli operatori dell’informazione e della cultura.
Il contributo del biotech può esplicitarsi in maniera rilevante per il raggiungimento di ben 11 di questi.
L’accelerazione dello sviluppo delle biotecnologie consente oggi di puntare a obiettivi che fino a qualche anno fa erano totalmente inimmaginabili: cure a malattie che erano prive di trattamenti efficaci, diagnosi tempestive, terapie personalizzate, migliori varietà vegetali, preservazione della biodiversità. Ma anche di lavorare allo sviluppo di un sistema produttivo basato su fonti di energia alternative a quelle tradizionali, di avere prodotti eco-compatibili e processi con minore o nessun impatto ambientale attraverso la transizione a un modello di economia circolare.
Proprio la recente pandemia ha dimostrato come le biotecnologie siano state più di una soluzione a un bisogno di salute, ma abbiano rappresentato un elemento chiave nelle strategie geopolitiche ed economiche di un Paese. L’Unione Europea stima che ogni occupato nel settore biotech genera altri 5 occupati nei settori dell’indotto (nei settori tradizionali il rapporto è 1 a 1,5) e che ogni euro investito nella bioeconomia genererà un valore aggiunto di 10 euro nell’arco dei successivi 10 anni.
Un recente studio commissionato dalla nostra associazione a EY ci dice che il mercato biotech triplicherà entro il 2028 (globalmente da 485 miliardi di euro a 1.447 miliardi di euro, in Europa da 137 miliardi di euro a 418 miliardi di euro).
Molti Paesi, come Usa, Francia e Germania, hanno da tempo definito strategie di settore coerenti, in modo da competere efficacemente in un contesto globale. L’Italia ha bisogno di recuperare il terreno perduto e di posizionarsi tra le nazioni leader nelle biotecnologie per poter beneficiare del valore generato da questo settore, oltre che per non dipendere da terzi in un’area critica per la sicurezza e l’indipendenza del nostro Paese.
Un ecosistema vitale dovrebbe consentire l’interazione dinamica e positiva tra le sue componenti. Nelle biotecnologie significa permettere che la ricerca, lo sviluppo, la produzione e l’accesso a soluzioni innovative possano, tutte, crescere e alimentarsi reciprocamente.
Per scoprire, sviluppare, produrre e rendere disponibili queste nuove soluzioni occorre sviluppare competenze, soprattutto nei giovani e nelle materie STEM, incentivare e finanziare la creazione e lo sviluppo di start-up innovative, rendere semplice ed efficace la collaborazione tra pubblico e privato, rendere disponibili per i pazienti le nuove terapie in modo rapido ed ampio, garantire regole certe e stabili.
Ogni passaggio richiede specifici approfondimenti e l’identificazione di soluzioni condivise che possono essere semplici o complesse ma che necessitano di una comune visione sull’importanza delle biotecnologie e sulla consapevolezza che continuare con lo status quo lascerà l’Italia ai margini della competizione globale.
Fabrizio Greco
Presidente di Federchimica – Assobiotec