Il romanzo racconta la storia di Rosalind Franklin, chimica e cristallografa britannica la cui fotografia a raggi X — la celebre Foto 51 — fu fondamentale per svelare la struttura del DNA. Marie Benedict segue Rosalind negli anni più intensi della sua carriera, dal ritorno a Londra dopo il periodo nei laboratori parigini fino al lavoro al King’s College, dove si trova immersa in un ambiente accademico competitivo, attraversato da tensioni professionali e dinamiche di potere spesso ostili alle donne.
La narrazione mette a fuoco il suo metodo rigoroso, la passione autentica per la ricerca, l’urgenza di scoprire la verità scientifica e il peso dei compromessi richiesti da un sistema che non è pronto a riconoscere pienamente il suo talento. Con ritmo crescente, il romanzo accompagna il lettore fino ai momenti cruciali della corsa alla doppia elica, mostrando come le sue scoperte siano state decisive — e allo stesso tempo dimenticate.
È un libro capace di restituire umanità, determinazione e complessità a una figura storica che molti conoscono solo di nome, o addirittura non conoscono affatto. Benedict riesce a trasformare un pezzo di storia della scienza in una narrazione avvincente, accessibile anche a chi non ha una formazione scientifica: non c’è tecnicismo gratuito, ma c’è la giusta quantità di dettagli per far percepire la bellezza della ricerca e la fatica del lavoro di laboratorio.
È anche un romanzo sorprendentemente emotivo: la solitudine di Rosalind, il desiderio di essere presa sul serio, la frustrazione verso i colleghi che la ostacolano, il suo rapporto profondo con i dati e con gli strumenti di ricerca — tutto questo crea un legame immediato con il lettore. È una lettura perfetta per il periodo natalizio: intensa, stimolante e ricca di spunti di conversazione.
Molti romanzi biografici su figure scientifiche tendono a essere o troppo tecnici o troppo romanzati. “La ragazza del microscopio” si colloca invece in una zona preziosa: è un racconto documentato, rispettoso delle fonti storiche, ma allo stesso tempo narrativamente vivo.
La forza del libro sta nel modo in cui Benedict sceglie di raccontare Rosalind non come icona, ma come persona: una donna brillante, esigente con sé stessa, capace di intuizioni geniali e allo stesso tempo vulnerabile alle rigidità del suo tempo. La sua voce emerge limpida, senza idealizzazioni ma con grande rispetto.
Inoltre, rispetto ad altri testi che trattano la vicenda della scoperta del DNA, qui il lettore non è uno spettatore esterno: vive la storia dal punto di vista di chi ha contribuito davvero a questa rivoluzione scientifica e non ha ricevuto il riconoscimento che meritava.
Lo consigliamo a chi ama le storie di scoperte scientifiche, a chi cerca ritratti di donne che hanno cambiato il mondo, a chi apprezza i romanzi che illuminano zone d’ombra della storia e a chi desidera un libro che unisca divulgazione, emozione e impegno narrativo.
È anche un’ottima idea regalo per studenti, ricercatori, insegnanti, appassionati di scienza o semplicemente per chi cerca un romanzo che arricchisca e lasci qualcosa di significativo una volta finito. In sottofondo rimane una domanda che rende il libro ancora più attuale: quante scienziate come Rosalind Franklin aspettano ancora di essere raccontate?
Per approfondire, non ti perdere la puntata del nostro podcast “Noi, chimiche coraggiose” su Rosalind Franklin.