Ma non è tutto oro (rosa!) quello che luccica! Come spiega Dario Bressanini, l’amichevole chimico di quartiere, sul suo blog delle Scienze, in realtà il sale rosa dell’Himalaya non ha nulla di così speciale, a parte il colore.
Ma quali sono le tanto millantate proprietà di questo sale?
Si dice limiti il rischio di ritenzione idrica e di ipertensione, riduca i crampi, promuova un equilibrio stabile del pH a livello delle cellule (cervello incluso) e la salute dei reni rispetto all’uso del comune sale da cucina e, come se tutto questo non bastasse, favorisce il sonno e accresce la forza delle ossa.
In realtà, non esistono prove scientifiche che il sale rosa dell’Himalaya abbia tutte queste proprietà benefiche.
Dall’analisi della composizione chimica del sale rosa emerge che, esattamente come il sale da cucina, contiene il 97% di cloruro di sodio (come stabilito dalla legge italiana) e non è totalmente puro come viene dichiarato sulla confezione.
Responsabile del caratteristico colore “rosato” è l’ossido di ferro, presente in una percentuale davvero irrisoria (per questo scegliere il sale rosa al posto di quello tradizionale è del tutto inutile). Del tutto assente lo iodio, elemento fondamentale per il metabolismo umano e per il corretto funzionamento della tiroide.
Se proprio dobbiamo dirla tutta poi, anche la provenienza himalayana di questo sale è una bufala! La stragrande maggioranza del sale rosa non arriva dal monte più alto del mondo, ma dall’enorme miniera di Kewhra che si trova a sud della catena himalayana, in Pakistan.
Insomma, se volete colorare un piatto o dargli un tocco esotico il sale rosa dell’Himalaya fa al caso vostro, ma non esistono motivazioni di tipo nutrizionale valide per privilegiarne l’uso rispetto a quello tradizionale.
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