Françoise Barré-Sinoussi nasce a Parigi nel 1947 e da bambina trascorre le vacanze estive nelle campagne della Francia centrale, incantandosi a osservare le meraviglie della natura. Lo stupore e l’amore per quest’ultima l’accompagneranno per tutta la vita, tanto che dopo il diploma, indecisa tra la facoltà di medicina e quella di scienze naturali, opterà proprio per quest’ultima.
Fra il 1966 e il 1968, durante i primi anni universitari e grazie ad alcune ricerche in laboratorio, il suo interesse si sposta in maniera graduale dalle scienze naturali alla biochimica. Durante l’ultimo anno di specializzazione, nel 1971, prova a entrare come volontaria in uno dei tanti laboratori del Paese e finalmente, dopo decine di tentativi falliti, viene accolta come volontaria dal centro di immunologia dell’Istituto Pasteur di Parigi. Sarà questo il momento cruciale della sua carriera e della sua vita da ricercatrice.
Fu il virologo Jean-Claude Chermann, che guidava il laboratorio, a trasmettere a Sinoussi una tale passione per la ricerca da farle quasi dimenticare di frequentare l’università.
Su richiesta di Chermann, che in quel periodo stava portando avanti studi sulla relazione fra retrovirus e tumori nei topi, si dedicò allo studio di una molecola sintetica denominata HPA23, capace di inibire l’attività della trascrittasi inversa.
Dopo la specializzazione, il dottorato e un periodo negli Stati Uniti, torna in Francia nel 1978 per accettare un nuovo incarico all’Istituto Pasteur.
Siamo all’inizio degli anni Ottanta quando in diverse zone del mondo si presentano i primi casi di una malattia destinata a trasformarsi in breve tempo in una vera e propria epidemia.
Questa malattia, nella sua forma acuta, porta a una compromissione totale del sistema immunitario con ingrossamento dei linfonodi, febbre e il conseguente insorgere di numerose patologie, dalla neuro-toxoplasmosi alla tubercolosi, dall’esofagite da candida a diverse forme di tumori.
I primi casi accertati risalgono al 1981, ma bisogna aspettare l’agosto del 1982 perché questa malattia venga chiamata per la prima volta con quello che resterà il suo nome ufficiale: AIDS (Acquired Immune Deficiency Syndrome). Le cause continuano a essere sconosciute fino a quando un gruppo di clinici francesi decide di contattare il team di ricerca del Pasteur con lo scopo di comprendere l’origine della malattia.
La principale ipotesi è che possa essere implicato HTLV (Human T-cell Leukemia Virus), l’unico retrovirus umano che si conosceva all’epoca e che era la causa della leucemia a cellule T.
Nel gennaio del 1983, Françoise Barré-Sinoussi e Luc Montagnier, che guidava l’unità di oncologia virale dell’Istituto, concentrarono i loro studi in questa ricerca, scoprendo in effetti che la malattia è provocata sì da un retrovirus, ma non da HLTV.
Il 4 febbraio 1983 il retrovirus responsabile dell’AIDS viene osservato per la prima volta al microscopio elettronico. Nello stesso anno Barré-Sinoussi e colleghi pubblicano su Science l’articolo in cui annunciano la loro grande scoperta: chiamato in un primo momento LAV (Lymphadenopathy-Associated Virus), il retrovirus sarà rinominato HIV (Human Immunodeficiency Virus) nel 1986.
Nel 2008 Françoise Barré-Sinoussi e Luc Montagnier riceveranno il Premio Nobel per la loro scoperta.
Dopo la scoperta del virus, la convinzione generica è che l’epidemia sia circoscritta solo a determinate fasce della popolazione, ma ben presto ci si rende conto che non è così.
Nel 1988 Sinoussi ottiene finalmente un suo laboratorio presso l’Istituto Pasteur, diventando direttrice dell’unità di biologia dei retrovirus fino al 2015. Sono anni di fermento, nei quali lavora per migliorare la comprensione della patogenesi dell’AIDS e dei meccanismi di controllo dell’HIV. Con il suo gruppo di ricerca Sinoussi avvia anche numerosi progetti, collaborazioni e scambi scientifici con i paesi africani e asiatici, comprendendo la necessità e l’importanza di integrare una corretta comunicazione con la ricerca, la prevenzione e la messa a punto di terapie antiretrovirali sempre più efficaci.
L’uomo è fatto per sognare in grande e il più grande obiettivo di Sinoussi è quello di sconfiggere definitivamente il virus cui ha dedicato l’esistenza: chissà se, anche grazie alla sua originaria passione, che fin da giovane l’ha ispirata, potrà raggiungere un traguardo che sarebbe rivoluzionario per l’umanità.