Prendersi cura dei propri amici a quattro zampe non è certo un vezzo, magari dettato da una moda recente, ma una pratica, la cui importanza venne compresa già centinaia di anni fa.
Le prime informazioni su temi agricoli e zootecnici risalgono al Neolitico e ci sono giunte su tavolette di argilla, ritrovate grazie agli scavi di Babilonia, di Rivive e alle stele di Susa.
In Grecia, nel 460 a.C., nacquero le scuole dell’arte medica, dove Ippocrate, ‘Padre della Medicina’ e della veterinaria, formulò il principio secondo cui non è la malattia, ma è il malato a dover essere curato con quell’insieme di interventi utili a ristabilire lo stato di salute. Fu poi Aristotele – filosofo eccelso, ma anche biologo – a dare importanza e rilievo ai principi generali della veterinaria, grazie alle sue osservazioni su un elevato numero di animali, e venne considerato il ‘Padre della Veterinaria’ a pieno titolo.
La medicina veterinaria – o zooiatria per i greci – nacque e si sviluppò come scienza per risolvere i problemi di natura medica degli animali, mentre il termine “veterinario” fu introdotto dallo scrittore romano Publio Flavio Renato Vegezio intorno al 400 d.C. che scrisse un trattato in tre libri di veterinaria, Mulomedicina.
Le scoperte in ambito chimico e il progresso scientifico e tecnologico in genere hanno contribuito allo sviluppo di nuovi medicinali e a nuove applicazioni in veterinaria, compresa ovviamente la prevenzione.
In questo processo, un ruolo di rilievo lo ebbe sicuramente Pasteur, chimico e scienziato che, nel tardo Ottocento, si occupò anche di studi riguardanti il settore veterinario: oltre al celeberrimo processo di pastorizzazione, che prese appunto il suo nome, ricordiamo quelli sul colera dei polli, sul carbonchio di bovini, ovini ed equini e a quelli sulla rabbia.
La ricerca nel settore chimico-farmaceutico, a differenza di quanto si potrebbe pensare, si sviluppò parallelamente in campo umano e veterinario, andandosi poi sempre più a differenziare a seconda delle necessità e delle patologie dei singoli animali.
Per la formulazione delle prime preparazioni, vennero isolati i principi attivi da piante ed erbe officinali e solo nel XX secolo si ebbero i primi prodotti di sintesi come chinolonici, ad azione battericida, derivati dell’acido salicilico, antipiretici, anestetici locali, sulfamidici.
Questi ultimi vennero scoperti dal medico tedesco Gerhard Domagk nel 1935 che ne individuò l’azione antibatterica, scoperta che gli valse il premio Nobel per la Medicina nel 1939.
Con il tempo si capì quanto fosse necessario prendersi cura degli animali con un occhio attento alla specie, alla taglia e all’età, studiando e formulando farmaci specie-specifici e, soprattutto, disponibili in dosaggi e formulazioni differenti.
La ricerca farmaceutica ha permesso di formulare preparati che trovano la loro maggiore applicazione per la prevenzione delle parassitosi e delle infezioni. Anche la diagnostica di precisione è diventata una valida alleata del medico veterinario e permette di utilizzare farmaci a dosaggi mirati e tecniche non invasive per la cura e la profilassi delle diverse patologie che possono colpire gli animali. L’utilizzo dei medicinali veterinari viene attentamente valutato dal veterinario, che prima della prescrizione, effettua un’attenta visita dell’animale malato.
I medicinali oggi a disposizione coprono tutte le aree terapeutiche e sono studiati e formulati per essere sempre più efficaci, rispettando le esigenze dei nostri animali e di chi se ne prende cura.
Il medicinale veterinario, così come quello umano, viene studiato e prodotto garantendo la qualità, la sicurezza e l’efficacia sia sul paziente sia nei confronti di chi effettua la somministrazione. L’immissione in commercio di ogni medicinale veterinario viene autorizzata dal Ministero della Salute o dall’Agenzia Europea per i medicinali (EMA).
Negli anni, lo sviluppo di nuove tecnologie, l’utilizzo di nuovi eccipienti, ma anche il dosaggio mirato dei farmaci hanno permesso di curare gli animali a 360° grazie agli screening, alla prevenzione stagionale, ai vaccini, agli antiinfiammatori, ma anche con la cura di patologie croniche più specifiche a livello cardiaco e osseo.
L’investimento di risorse nella cura e nella prevenzione delle malattie degli animali ha portato a una maggior consapevolezza della correlazione tra la salute umana e animale, con ricadute positive anche a livello sociale ed economico.
La ricerca futura si concentrerà sullo sviluppo di nuovi farmaci che tengano conto del concetto di One Health, che esprime l’interconnessione tra la salute dell’uomo, degli animali e dell’ambiente.
Questo concetto non ci è mai apparso così chiaro come in questi ultimi anni! L’emergenza Covid 19 ci ha resi infatti più consapevoli di quanto gli investimenti sulla sanità umana e animale siano fondamentali, e come sia necessaria una collaborazione costante tra le due parti.
In medicina veterinaria il termine One Health trova la sua naturale collocazione, oltre che nella prevenzione e gestione delle zoonosi – le malattie che si trasmettono dagli animali all’uomo o viceversa -, anche nel miglioramento del benessere animale e della salute dell’uomo.
L’aumento della popolazione mondiale e della domanda di cibo fa sì che persone e animali vivano sempre più a stretto contatto, influenzando anche l’ambiente; i farmaci veterinari ci aiutano in questo importante lavoro di squadra, dove nessuno è escluso.
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