Una volta appurato che non si tratta di nulla di grave, la cosa migliore è applicare subito del ghiaccio sulla parte dolorante.
Certo, non è facile procurarsi del ghiaccio in un parco urbano. Se avete la fortuna di riuscire a raggiungere una farmacia, potete chiedere una busta di ghiaccio istantaneo!
Si tratta di una semplice busta di plastica. Basta esercitare una certa pressione al centro della busta, e immediatamente comincia a raffreddarsi, fino a raggiungere una temperatura di circa 10°C sotto zero.
Sembra una magia, ma ancora una volta la chimica ci consente di capire cosa succede!
La busta contiene due scomparti: in uno è contenuta della semplice acqua, nell’altro nitrato d’ammonio anidro (NH4NO3).
Nel momento in cui premiamo la busta, rompiamo il setto che separa i due scomparti e consentiamo al nitrato d’ammonio di venire in contatto con l’acqua.
Il nitrato d’ammonio è molto solubile in acqua e inoltre il processo di solubilizzazione è fortemente endotermico o endoergonico.
Questo significa che la sua solubilizzazione assorbe calore dall’ambiente, determinando un forte raffreddamento di tutto ciò che lo circonda, a cominciare dalla soluzione stessa che, in tal modo, subisce un notevole abbassamento di temperatura.
Questo accade perché la formazione della soluzione, con gli ioni NH4+ e NO3-, solvatati, richiede maggiore energia rispetto alla situazione iniziale che vede il nitrato d’ammonio solido e l’acqua liquida separati.
L’energia necessaria per formare la soluzione viene prelevata dall’ambiente, con conseguente diminuzione della temperatura.
Oltre ai processi endotermici, esistono anche quelli esotermici o esoergonici, che avvengono cioè con liberazione di calore o energia. Anch’essi possono trovare curiose applicazioni pratiche.
Pensiamo ad esempio alle buste scaldamani che funzionano esattamente come quelle che producono ghiaccio istantaneo ma che, al contrario di queste, sviluppano calore.
Forse vi ricorderete anche di un caffè pronto commercializzato tempo fa che veniva venduto in un bicchierino dotato di doppio fondo. Premendo il fondo dopo qualche minuto il caffè risultava bollente. In questo caso il doppio fondo conteneva acqua e cloruro di calcio mantenuti separati. La compressione rompeva il solito setto divisorio e la solubilizzazione del cloruro di calcio sviluppava il calore necessario a scaldare il caffè.
E adesso tutti a casa, per godersi il meritato riposo!
Per i contenuti si ringrazia Silvano Fuso, divulgatore e autore del libro “Chimica quotidiana. Ventiquattro ore nella vita di un uomo qualunque”.