Magnificata da Dostoevskij e definita dalla Royal Institution di Londra come ‘l’opera scientifica più bella di ogni tempo’, la Tavola Periodica è il concentrato di oltre 500 pagine di prosa.
Nel 1868 Mendeleev iniziò a scrivere “Princìpi di chimica”, dove descrisse e catalogò tutti gli elementi chimici fino ad allora conosciuti – ben sessantatré – e decise poi di ordinarli secondo il loro peso atomico crescente, annotandone tutte le caratteristiche e accorgendosi, non senza sorpresa, che le loro proprietà chimiche si ripetevano periodicamente.
Mendeleev preparò infine una tabella, in un unico foglio, in cui organizzò – in righe e colonne – tutti gli elementi fino a quel momento noti, rispettando quell’ordine periodico emergente e lasciando, con lungimiranza, alcune caselle vuote.
Ma la storia di questa opera letteraria, prima che scientifica, fu molto tumultuosa, un po’ come la storia personale del suo padre ideatore.
Nella storia del sistema periodico ebbe un ruolo fondamentale il chimico francese Antoine-Laurent de Lavoisier che, insieme alla moglie Marie-Anne, surclassò la teoria aristotelica delle sostanze elementari – aria, fuoco, acqua e terra – che compongono il mondo. Insieme capirono di cosa fosse fatta la materia, trovando i suoi componenti fondamentali, i “corpi semplici”, come il carbonio e l’ossigeno.
Nel 1789 Lavoisier pubblicò una prima lista – certamente incompleta e con alcuni errori – dei 33 elementi fino ad allora identificati come oro, ferro, piombo, ossigeno, azoto e carbonio.
Questo fu solo l’inizio di un rompicapo che avrebbe tenuto impegnati i chimici per oltre un secolo.
In pochi decenni, sul finire del Settecento e nei primissimi anni dell’Ottocento, furono tre gli scienziati che rivoluzionarono la chimica: i due francesi Antoine-Laurent de Lavoisier e Joseph Louis Proust e, infine, l’inglese John Dalton.
Questi erano anni di fermento e le novità in ambito chimico erano all’ordine del giorno.
Fu nel 1811 che Avogadro formulò il principio secondo cui “volumi uguali di qualsiasi gas, nelle medesime condizioni di temperatura e pressione, contengono lo stesso numero di molecole”. Ma mancava ancora un passaggio affinché Mendeleev potesse finalmente scrivere la sua poesia ermetica: l’abbreviazione del nome degli elementi.
Il passo decisivo venne fatto nel 1813 da Jöns Jacob Berzelius che, utilizzando al massimo due lettere, rinominò tutti gli elementi allora conosciuti, usò “Fe” per il ferro e “C” per il carbonio – ma fece di più! – aggiunse dei numeri alle lettere per indicare le proporzioni tra i vari elementi.
Mendeleev fu dunque l’uomo giusto al momento giusto!
Nel 1860, a un convegno che si tenne a Karlsruhe, in Germania, Mendeleev incontrò il siciliano Stanislao Cannizzaro che propose una distinzione tra atomi e molecole, concetti che all’epoca si stavano appena delineando. Con questo nuovo tarlo nella testa, dopo nove anni di studi e tentativi, Mendeleev riuscì a trovare un filo conduttore per ordinare i 63 elementi conosciuti.
Li sistemò in colonna in base al peso atomico, dal più leggero al più pesante, e si accorse che, all’aumentare del peso atomico, le proprietà chimiche di questi elementi tornavano a essere simili dopo un certo periodo. Da qui l’intuizione di iniziare una nuova colonna ogni qual volta il successivo elemento presentasse caratteristiche analoghe al primo.
Mendeleev costruì così una tabella con sei colonne e diverse righe, ordinando i suoi elementi in base al peso atomico, successivamente sostituito dal numero atomico ovvero il numero di protoni che si trova nel nucleo di un atomo.
Oggi righe e colonne risultano invertite rispetto al modello mendeleeviano: leggiamo infatti il numero atomico sulle righe (i periodi), mentre Mendeleev lo leggeva sulle colonne (i gruppi) e gli elementi che hanno proprietà analoghe non si trovano più in fila sui periodi, ma sono incolonnati. In poche parole, oggi la sua tabella appare ‘girata’, ma il concetto è lo stesso e la periodicità rimane.
Mendeleev incasellò ogni elemento in modo continuo, ma lasciò dei buchi, degli spazi vuoti, convinto che quelle caselle sarebbero state presto riempite da elementi a quel tempo non ancora noti. E aveva ragione.
Da quel momento, infatti, la scoperta di nuovi elementi si susseguì senza sosta.
A fine Ottocento, grazie a Sir William Ramsay, arrivarono i gas nobili, poi Marie Curie e il marito scoprirono il Radio e il Polonio. In breve, vennero riempite le lacune della tabella e aggiunti nuovi elementi.
La tabella oggi accoglie 118 elementi, suddivisi in 18 colonne e 7 periodi e dalla sua pubblicazione non smette di ispirare scienziati e artisti. Negli ultimi cento anni, addirittura, ne sono state pubblicate 800 versioni differenti. Ce n’è insomma per tutti i gusti!
Quello che Mendeleev non avrebbe potuto prevedere è che un giorno, forse neanche troppo lontano, quelle caselle invece di riempirsi e moltiplicarsi potrebbero svuotarsi: infatti…ma questo lo racconteremo in futuro. Intanto auguri, cara Tavola Periodica!
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