Secondo alcuni dati riportati in uno studio dell’Agenzia europea dell’ambiente, la biodiversità è a rischio. Negli ultimi 40 anni la fauna selvatica del pianeta si è ridotta del 60% anche a causa delle attività umane e quasi tre quarti della superficie terrestre ha subìto alterazioni. Le principali cause dirette della perdita di biodiversità sono state identificate nei cambiamenti dell’uso del suolo e del mare, sfruttamento eccessivo delle risorse, cambiamenti climatici, inquinamento e diffusione di specie “aliene” invasive: tutti fattori che impattano in modo sempre più rilevante sull’ambiente naturale. Con quali conseguenze? Una notevole riduzione delle rese agricole e delle catture ittiche, un aumento delle perdite economiche dovute alle inondazioni e altre catastrofi, per citare solo le principali. Lo studio mette in evidenza anche i risultati positivi ottenuti dal settore manifatturiero europeo nella riduzione delle emissioni dei gas ad effetto serra negli ultimi anni.
Molto è stato fatto dunque, ma tanto altro resta da fare.
Per questo motivo l’Unione europea ha messo a punto una strategia il cui obiettivo è riportare la biodiversità in Europa attraverso un percorso di ripresa entro il 2030, con conseguenti benefici per le persone, il clima e il pianeta.
Come ha spiegato la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, “rendere la natura di nuovo sana è fondamentale per il nostro benessere fisico e mentale ed è un alleato nella lotta ai cambiamenti climatici e all’insorgere di malattie. È al centro della nostra strategia di crescita, il Green Deal europeo, e fa parte di una ripresa europea che restituisce al pianeta più di quanto ne toglie”.
La Strategia per la Biodiversità 2030 prevede l’adozione di una serie di misure ambiziose volte a rendere l’Unione un leader mondiale nella tutela della biodiversità. Obiettivo questo che l’industria chimica che opera in Italia condivide e che è da anni impegnata a supportare, ritenendo, tuttavia, necessaria una valutazione d’impatto complessiva per perseguirla e realizzarla con successo, al fine di tenere in debita considerazione anche le possibili conseguenze che un approccio estremista potrebbe avere, in primis sulla tutela della biodiversità stessa.
Vale la pena ricordare, infatti, che un apporto fondamentale alla biodiversità è dato anche dalla vastità colturale presente all’interno di ogni singolo Paese (l’Italia, ad esempio, produce più di 100 varietà colturali) e per preservarla è fondamentale il ricorso, in modo corretto e mirato, a tutti quegli strumenti indispensabili per la nutrizione e la protezione delle colture.
Importanti studi dimostrano, ad esempio, che la riduzione delle rese produttive dei terreni, inevitabile senza il ricorso ai fertilizzanti e agli agrofarmaci, dovrebbe essere compensata da un aumento della superficie terrestre destinata all’agricoltura: un fattore che andrebbe a esacerbare una delle principali cause della perdita di biodiversità.
Va ricordato anche che in natura si sono diffuse specie di insetti e funghi che possono rappresentare un rischio per le produzioni agricole: anche su questo fronte il ricorso agli agrofarmaci è indispensabile.
L’uso razionale dei mezzi a disposizione dell’agricoltore, secondo un approccio di produzione integrata, e l’incentivo all’adozione di strumenti di agricoltura digitale e di precisione consentirà di minimizzare i rischi associati ai singoli prodotti e, al contempo, preservare le rese e la tutela delle colture dagli attacchi delle specie “aliene” invasive.
In generale, gli obiettivi della Strategia saranno concretamente raggiungibili solo con innovazione e ricorso alla tecnologia e grazie all’ottimizzazione dell’uso delle risorse naturali e all’utilizzo mirato dei mezzi tecnici. Pensiamo, ad esempio, all’agricoltura e alla zootecnia di precisione, all’agricoltura integrata e alle opportunità offerte dalle biotecnologie.