Boyle, settimo di quattordici figli, fervente calvinista, è noto per il gran numero di importanti scoperte nel campo della fisica, come l’enunciazione della legge di Boyle (Legge di Boyle e Mariotte), la scoperta degli effetti dell’aria nella propagazione del suono e gli studi sulla forza espansiva esercitata dall’acqua che congela, sulla densità relativa e sulla rifrazione, sui cristalli, sull’elettricità, sui colori e sull’idrostatica.
La chimica fu però la scienza a cui si dedicò maggiormente.
Nel 1661 pubblicò il suo famoso libro “The sceptical chymist”, in cui venivano gettate le basi della chimica moderna: il concetto di elemento, la distinzione fra combinazione e miscuglio, il conseguente concetto di analisi chimica congiunto ad alcuni metodi di analisi per la separazione di elementi particolari, etc…
Fu tra i primi chimici a intraprendere una sistematica attività di laboratorio, in cui dimostrò di avere eccellenti capacità di sperimentatore e organizzatore.
Per Boyle la chimica era la scienza della composizione delle sostanze, non una banale aggiunta alle arti degli alchimisti o dei fisici, come era perlopiù considerata in quel periodo.
Per questo motivo sostenne fermamente per tutto il corso della sua vita la necessità di separare la chimica dall’alchimia. Quelle idee rivoluzionarie ebbero presa soltanto molti anni dopo la sua morte, ma senza dubbio Boyle contribuì in maniera decisiva allo sviluppo della chimica come scienza.