Piante, foglie, fiori, radici… fin dalla preistoria la natura fu il primo laboratorio chimico al quale l’uomo si rivolse per ogni necessità. L’incapacità di comprendere i meccanismi curativi alla base delle piante, spinsero le prime comunità a credere nella magia e nelle divinità. Fu solo dal 500 a.C., grazie alla civiltà greca, che si iniziarono a conoscere le proprietà delle erbe officinali.
Nei secoli, l’elenco delle piante si arricchì, si diffusero nuovi strumenti d’osservazione – come il microscopio e il refrigeratore – e lo sviluppo della biochimica permise di riconoscere e isolare i principi attivi delle piante medicinali.
Fu solo in seguito all’industrializzazione, all’aumento della popolazione e alla sempre più importante capacità di identificare e diagnosticare le malattie, che i farmaci di sintesi diventarono un prodotto commerciale, adeguato a una domanda di salute sempre più estesa e complessa.
Ma niente affatto! Tutto è chimica, anche in natura e non necessariamente tutto ciò che esiste in natura è buono e innocuo: basta pensare alle circa mille piante che contengono molecole potenzialmente tossiche e che vengono utilizzate ogni giorno a tavola.
I noccioli delle albicocche, ad esempio, contengono amigdalina, una sostanza che durante la digestione libera cianuro. Il prezzemolo, anche se pochi lo sanno, è letale se consumato in quantità eccessive. La lista in realtà è molto lunga e comprende piante che possono avvelenare un uomo anche in quantità minime; pensiamo alla cicuta, che Socrate utilizzò per suicidarsi.
Un prodotto ‘naturale’, quindi, è semplicemente un prodotto che esiste in natura, ma che di fatto è una molecola chimica, costituita da uno o più atomi e gruppi funzionali.
Quando un chimico riproduce in laboratorio una molecola che esiste in natura, questa rimane la stessa ‘sostanza naturale’, semplicemente la definiamo di sintesi, cioè sintetizzata dall’uomo. In altre parole, non cambia nulla nelle proprietà intrinseche di una molecola sintetizzata in laboratorio o prodotta da un complesso ciclo metabolico di una pianta.
È solo grazie alla chimica, quindi, se siamo in grado di creare molecole di sintesi con le medesime proprietà di quelle prodotte in natura, permettendoci al contempo di non sfruttare l’ambiente, ma di preservarlo, non intaccando la disponibilità di determinate sostanze sul nostro pianeta. Pensate per esempio a tutta la vaniglia che utilizziamo in campo alimentare e cosmetico: se dovessimo solo usare molecole di vaniglia prodotte dalla pianta – una bellissima specie di orchidea…a quest’ora l’avremmo già fatta estinguere!
Il termine ‘artificiale’ indica una molecola creata dall’uomo, la cui struttura non esiste in natura. Si riferisce a migliaia e migliaia di materiali inventati per il nostro progresso e per migliorare la qualità della nostra vita: pensateci, l’elenco è lunghissimo!
Dunque, se ci pensiamo bene, la contrapposizione tra ‘chimico’ e ‘naturale’ ha davvero poco senso, il contrario di naturale non è chimico, ma artificiale; e, in ogni caso, associare questi termini a un giudizio positivo e negativo è profondamente fuorviante.